Trani, 4 feb – Tanto tuonò che piovve. Finalmente, oggi, prende il via a Trani il processo contro le agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch. Per S&P sono imputati Deven Sharma, presidente mondiale di S&P Financial Service dal 2007 al 23 agosto 2011; Yann Le Pallec, responsabile per l’Europa, sede di Londra; e gli analisti senior del debito sovrano: Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer. Al sesto imputato, David Pearce, legale rappresentante di S&P-Londra, viene contestata la responsabilità amministrativa della società in relazione alle condotte degli imputati tenute “nell’interesse e a vantaggio” dell’agenzia di rating. Nei confronti dell’agenzia Fitch è stato chiesto il giudizio per David Michael Willmoth Riley, capo rating sovrano della sede di Londra, per Alessandro Settepani, senior director di Fitch Italia, sede di Milano, e per il responsabile legale Trevor Pitman, ai sensi della legge sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Manager e analisti sono accusati di aver fornito “intenzionalmente”, ai mercati finanziari – tra maggio 2011 e gennaio 2012 – quattro report contenenti informazioni tendenziose e distorte sull’affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e di rilancio economico adottate dal governo italiano, “per disincentivare – secondo l’accusa – l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”. In parole povere, hanno detto che i nostri titoli di stato erano carta straccia mandando in rovina alcuni risparmiatori e causando un grave danno a tutta la nazione. Infatti, tra le motivazioni si può leggere che: “Standard & Poor’s e Fitch sono accusati di manipolazione del mercato aggravata dalla “rilevante offensività” (perché il reato è commesso ai danni dello Stato sovrano italiano) e dalla “rilevantissima gravità” del danno patrimoniale provocato”.
Prima di passare alla cronaca giudiziaria è necessario capire di cosa stiamo parlando. Il rating altro non è che una valutazione. Un po’ come un voto scolastico. A finire sotto esame sono in questo caso i titoli finanziari o i soggetti economici che emettono i titoli finanziari (come ad esempio gli Stati o le aziende). È necessario distinguere chi emette i titoli finanziari (gli Stati e le imprese) e quelli che sono i titoli finanziari veri e propri (azioni e obbligazioni).
Bisogna, altresì, osservare che tanto maggiore è il rischio che un investitore corre nell’acquistare un’obbligazione, tanto maggiore è il tasso d’interesse che questa paga. Per questo motivo i titoli più rischiosi sono anche i più redditizi.
Essendo gli stati i maggiori debitori in assoluto, le agenzie di rating valutano e classificano i titoli del loro debito in base alla capacità che gli stessi stati dimostrano di fronteggiarli.
Esercitano quindi sugli stati sovrani un potere molto forte. Possono mandare in rovina una nazione o più semplicemente decidere chi la deve guidare. Questo è ciò che avvenne nel 2011 in Italia.
Ma senza bisogno di tirare in ballo Alan Friedman o altre teorie più o meno complottiste, cerchiamo di capire chi controlla i controllori. I loro azionisti, of course.
In particolare, Standard & Poor’s che è in mano a McGraw-Hill Companies Inc., il colosso delle comunicazioni, dell’editoria e costruzioni, presente in quasi tutti i settori economici. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, membro del Board of Directors della United Technologies (multinazionale statunitense dell’aviazione e armamenti) e membro del Committee on Directors Affairs della Conoco Phillips (colosso del petrolio ed energia). In pratica i grandi fondi USA sono da un lato gli investitori che utilizzano i rating per decidere quali obbligazioni comprare, e dall’altro sono anche i “padroni” delle agenzie che stilano le pagelle
La Fitch Ratings è di proprietà di Fitch Group, i cui azionisti sono: la francese Fimalac (60%), Hearst Corporation (40%). In pratica gli speculatori decidono i loro investimenti in base agli orientamenti che le loro agenzie danno al mercato.
Tornando a Trani, per la prima volta viene messo sotto accusa questo sistema finanziario. Ma cosa cambierà? Praticamente nulla. I giudici al massimo tra un paio d’anni daranno qualche sonora multa ai dirigenti che più si sono esposti. Per il resto senza una reazione della politica saremo destinati a rivivere questi momenti. Ma pensandoci bene, sia nel 1992 che nel 2011, gli speculatori ci hanno reso un bel servizio. La prima volta ci siamo sbarazzati di Craxi e la seconda volta di Berlusconi.
Facciamo un passo indietro. Nel mese di agosto 1992, Standard & Poor’s declassa il debito italiano e casualmente a settembre, George Soros, specula sterlina contro lira. Risultato? Svalutazione del 30% della lira, uscita dallo S.M.E. (mercato europeo). In questa maniera i capitali anglo-statunitensi hanno comprato, a prezzi stracciati, aziende e società importanti per l’intera Italia: Iri, Enel, Ina, Eni, Cirio.
Le convergenze parallele tra Soros e Prodi non sono certo casuali.
Salvatore Recupero