Roma, 14 mag – Quanto gioverà all’emersione del lavoro nero la regolarizzazione degli immigrati contenuta nel dl Rilancio presentata ieri sera da un commosso ministro Bellanova? Se lo sono chiesti a Termometro Politico analizzando i dati della sanatoria del 2012 avvenuta sotto il governo Monti. Varata in un periodo di recessione economica, come quella che ci aspetta nei prossimi mesi, e un tasso di disoccupazione destinato a salire oltre l’11,8%.
La norma varata allora permetteva ai datori di lavoro di mettersi in regola a fronte di un versamento di 1000 euro. A distanza di otto anni la musica è la stessa, ma la cifra minore (400 euro). La sanatoria del 2012 ha portato alla regolarizzazione di 134.747 extracomunitari, che hanno ottenuto permesso di soggiorno e regolare contratto di lavoro subordinato. Ma i dati dell’Osservatorio sui Lavori Domestici dell’Inps rivelano che in seguito all’esplosione iniziale di nuovi lavoratori regolari che fa salire il totale da 897.558 a 1.008.540, dopo un anno il numero scende a 956.043 e poi a 906.643. Quasi 100mila iscritti spariti in un anno. Non solo: tra il 2012 e il 2014 non si nota nessun aumento dei lavoratori dipendenti, anzi, il numero diminuisce da 1.772.493 a 1.743.499.
Cosa è successo a tutte queste persone? Scartando l’ipotesi surreale che le vede diventate lavoratori autonomi, è molto più probabile che i lavoratori dipendenti beneficiari della sanatoria siano ritornati a ingrassare le fila del lavoro nero e hanno sfruttato la sanatoria solo per mettersi in saccoccia il permesso di soggiorno. Fatto che si era già verificato nel 2009, si scopre che «il 32% dei presunti datori di lavoro non erano italiani, ma extracomunitari della nazionalità dei lavoratori». Non è finita qui: la «sanatoria» aveva innescato una compravendita di permessi di soggiorno «i cui oneri di intermediazione e di regolarizzazione vengono posti a carico degli immigrati richiedenti costretti a pagare dai 3 agli 8mila euro e finiti poi a vivere chissà come». Eccola qui, quindi, la fine dei i famosi «invisibili che diventano meno invisibili» di bellanoviana memoria.
Peraltro, il possesso di un permesso di soggiorno non dà alcuna garanzia di ottenere un contratto regolare, specialmente in ambito agricolo dove, fa sapere Termometro Politico citando i dati dell’Ispettorato del lavoro, il 90% dei lavoratori detiene già un permesso di soggiorno. Nel 2019, su 5340 lavoratori oggetto di violazioni e lavoro nero, gli extracomunitari senza documenti sono solo il 4%. Ammesso che il doppio o anche il triplo degli stranieri sia fuggito per eludere i controlli, rimane lo stesso una percentuale minima rispetto a chi invece il permesso di soggiorno lo possiede.
La sanatoria di oggi prevede di tutelare la «salute individuale e collettiva» e favorire «l’emersione di rapporti di lavoro irregolari». Ma in Italia due stranieri regolari su tre sono poveri e di questi 1 milione e mezzo versa in condizioni di povertà assoluta. Non manca assolutamente, quindi, l’offerta di manodopera regolare, soprattutto per gli impieghi meno qualificati. Ma di pari passo con l’incremento di questa offerta, dovuta anche ai ricongiungimenti famigliari, negli ultimi 10 anni si è verificata una contrazione dei salari reali diminuiti del 4,3%.
Abbiamo quindi 399 mila stranieri regolari disoccupati e 1milione e mezzo di inattivi: il problema non è quindi cercare la manodopera straniera irregolare, ma pagare il giusto quella che potenzialmente potrebbe lavorare. Del resto non dimentichiamoci che in Italia vi sono 2,5 milioni di nostri connazionali in cerca di lavoro già in tempi pre crisi, a cui si sommano 2,1 milioni di under 29 che né studiano né lavorano, in particolar modo nel Meridione. La conclusione è lampante: con le cifre relative alla disoccupazione destinate ad esplodere, un’ulteriore iniezione di manodopera rappresenterà un surplus che andrà a penalizzare ulteriormente gli stipendi. E siamo proprio sicuri che regolarizzando 600mila immigrati, l’anno prossimo risulteranno visibili all’Inps? Ciò che è successo otto anni fa suggerisce il contrario.
Cristina Gauri