Roma, 31 mar – I calciatori? «Fessacchiotti ricchissimi che devono tutto alla rincorsa di un pallone». E gli italiani che in questo momento stanno sacrificando salute, economia e libertà personali iniziano a covare rabbia verso quelli che prima dell’epidemia erano visti come idoli. Ne è convinto il professor Alessandro Meluzzi, che ai microfoni di AdnKronos interviene a gamba tesa contro la categoria: «Sta montando l’insofferenza, che poi forse sfocerà in rabbia, nei confronti dei calciatori e del loro comportamento in questa emergenza».
Star privilegiate e italiani in sofferenza
Secondo il criminologo, la percezione degli italiani nei confronti dei loro idoli sta cambiando. Un Paese intero è confinato per la maggior parte in angusti appartamenti, senza sapere quando potrà uscirne. Lo spettro della recessione bussa alla porta, ogni giorno la conta dei morti per Covid-19 si allunga di quasi un migliaio di unità. Medici e infermieri lavorano dodici ore al giorno per stipendi da fame mettendo a rischio la propria salute e quella dei propri famigliari. Nel frattempo le calcio-star privilegiate vengono testate con tamponi a cui nemmeno i dottori possono accedere; stando così le cose, la categoria sarà sempre più bersaglio di astio.
Quei panem et circenses che non funzionano più
«Sono sempre stati visti come eroi, tranne nelle fasi di emergenza. E questa lo è», spiega Meluzzi. «Nella storia millenaria dei panem et circenses tutto va bene finché dimensione tragica e ludica della vita sono in equilibrio. Adesso c’è uno squilibrio verso la dimensione tragica. Quando si vede il comportamento di persone come gli infermieri che guadagnano 1.600 euro al mese e lo si confronta con quelli dei ragazzotti plurimilionari che giocano a palla, l’insofferenza monta e credo che possa ance sfociare in rabbia».
Mito che si sgonfia
«Sta prendendo piede», conclude Meluzzi, «un ridimensionamento della figura mitica del calcio. È un palloncino che si sgonfia e riguarda tutti, atleti, “mister”, tifosi stessi. Si sta cominciando a capire che si tratta in fin dei conti, di fessacchiotti ricchissimi che devono tutto alla rincorsa di un pallone. In contesti normali che passino per degli eroi può starci. Si gioca e quindi giochiamo a sognare. Ma in un contesto come questo non si scherza più». Non c’è più spazio per i sogni,
Quella di Meluzzi non è un’opinione isolata. Dello stesso avviso, per esempio, è la psicologa Maddalena Cialdella: «In una situazione di questo tipo, con la gente non sa come mettere i piatti in tavola, la visione cambia radicalmente. Gli eroi cadono e anzi infastidiscono moltissimo, perché il loro status tocca la dignità delle persone. Se lo sport professionistico non si mostra capace di ritrovare il senso della comunità, anche gli affetti sportivi saranno molto modificati».
Cristina Gauri
1 commento
sottoscrivo. Basta al calcio dei professionisti o tetto agli stipendi dei calciatori: 3000 o 4000 euro al mese.