Roma, 29 feb – Parmigiano Reggiano, erbazzone ed eccellenze non bastano a ripulire la reputazione della Città del Tricolore marchiata a fuoco da inchieste e processi, tra personaggi loschi e amministratori indagati. Dalla radicazione nel territorio della mafia calabrese alla corruzione nell’assegnazione degli appalti, nella Regium Lepidi è il “sistema Reggio”, ovvero la regola, non scritta, per favorire i favoriti e assegnare incarichi, a dettare legge in questa striscia di terra che va dal Po all’Appennino
Il “sistema Reggio”: non solo Bibbiano
Nella città dei servizi pubblici mitteleuropei, degli asili nido più belli del mondo, politici, amministratori, addetti, impiegati della pubblica amministrazione, politici compaiono in procedimenti e processi, affiancati a una lunga lista di capi d’imputazione per fatti delittuosi raccolti nelle relazioni e nei fascicoli compilati da Forze dell’Ordine, Procura e Direzione Antimafia.
Partendo dal processo Aemilia, passando dall’operazione Grimilde, l’inchiesta Camaleonte, il blitz del febbraio 2019, con 18 dirigenti ed assessori del comune di Reggio Emilia indagati per reati che vanno dall’abuso d’ufficio alla corruzione e turbativa d’asta, seguito, quattro mesi dopo, dall’operazione ordinata dalla Procura, sempre in Comune, terminata con 15 avvisi di garanzia ad altrettanti indagati – tra cui il vicesindaco di Reggio Emilia, Matteo Sassi – per fatti che vedono implicati, tra gli altri, i servizi essenziali alla persona, molti dei quali collegati con il caso Bibbiano – 26 persone finite nel processo Angeli e Demoni e 108 capi d’imputazione.
Se sullo lo scandalo della Val D’Enza la stampa ha riportato, fin dall’inizio, quasi quotidianamente, gli sviluppi e gli aggiornamenti sulle indagini, poco o niente si sa invece sul blitz avvenuto a metà giugno 2019, qualche giorno prima di Bibbiano. Il caso era stato oscurato e silenziato e vedeva coinvolte diverse persone, molti dirigenti di settori specifici della pubblica amministrazione. L’operazione era scattata di prima mattina: negli uffici del comune, in piazza Prampolini, si presentarono 100 finanzieri e 50 Carabinieri per mettere sotto sequestro computer, cellulari, documenti, perfino le playstation dei figli di alcuni elementi coinvolti, e 140 valigie di materiale incandescente. Le ipotesi di reato formulate dalla Procura: si va dalla turbata libertà degli incanti, alla falsità ideologica del pubblico ufficiale, alle rivelazioni di segreto d’ufficio, all’abuso d’ufficio e corruzione, ad appalti senza gara per impianti tecnologici, parcheggi, controlli Ztl, trasporti scolastici, servizi alla persona.
La notizia non comparve subito sulla stampa: verrà resa pubblica in un secondo momento, precisamente dopo l’elezione del sindaco di Reggio Emilia (che portò alla rielezione di Luca Vecchi). L’ordine era arrivato dall’alto per non turbare i reggiani, prossimi alle elezioni per il rinnovo della giunta comunale.
La ciliegina sulla torta
A chiudere il cerchio sulle indagini la decisiva (e a quanto pare unica) testimonianza diretta, con tanto di prove documentate, di un dipendente in servizio da anni presso il comune, profondo conoscitore degli ingranaggi del “sistema”.
Enrico Papi, educatore con oltre 30 anni di esperienza, ambasciatore, nel mondo, del “modello reggiano”, in servizio per oltre due decenni nel comune di Reggio Emilia. Papi si era licenziato il 30 marzo 2019 dopo aver assistito alla deriva e alla disumanizzazione dell’ASP – il settore dei servizi di tutela alla persona – per anni fiore all’occhiello della Regione Emilia Romagna, dopo aver visto assegnare appalti senza bando, concorsi truccati, dirigenti che accentravano servizi, personale che operava in strutture non a norma, maltrattamenti, abusi terapeutici e amministrativi.
Al modello di tutela reggiano, aveva contribuito personalmente insieme ad altri collaboratori e specialisti. E’ suo, ad esempio, il progetto della struttura di pronta accoglienza per minori in situazioni di urgenza. Una comunità residenziale dove venivano messi in tutela bambine, bambini e ragazzine scappati dalla tratta della prostituzione internazionale – albanesi, nigeriani, ghanesi – minorenni obbligati a prostituirsi, bambini che avevano assistito ad omicidi, vittime di abuso o di pedofili e altre situazioni di pericolo.
Racconta: “Un Centro che, nel giro di poco tempo, divenne una sorta di luogo di pellegrinaggio; gli operatori arrivavano da tutta Italia e dal mondo, per conoscere ed imparare come accompagnare gli ospiti attraverso in un percorso di cura che consentiva loro di guarire le sofferenze psicologiche e fisiche, per ritornare ad una vita normale. Un approccio educante ed umanizzante, che anche la Commissione Europea volle conoscere”.
Un successo, in termini di recupero, che va avanti per alcuni anni fino a quando Papi si accorge che gli allontanamenti aumentano inspiegabilmente, i bambini tolti alle loro famiglie diventano sempre più numerosi, le comunità private spuntano come funghi e gli operatori diventano dei freddi burocrati.
Per rimediare prova a cambiare: “Anziché mandare le persone dagli assistenti sociali, si andava presso le famiglie per conoscerle perché un minore da mettere in tutela non deve subire anche il dramma di essere tolto ai suoi genitori a meno che non sussista un reale pericolo. Per salvare un bambino dobbiamo affrontare la questione con la sua famiglia curando i suoi genitori”, spiega l’educatore. “Solo quando sussistono situazioni in cui quella famiglia non è in grado di stare con il minore lo Stato lo deve prendere in affido e allontanarlo, per un periodo che però ha una durata determinata. Quello che abbiamo visto a Bibbiano, a Reggio e in altri parti d’Italia, dove i piccoli vengono tolti dal contesto familiare, è un apparato dello Stato che si è sostituito alla famiglia arrivando a disporre le adozioni o gli allontanamenti con motivazioni del tutto ingiustificate, generando un traffico di minori alloggiati in comunità sine qua die – senza fine – prassi che la Legge non prevede. Siamo di fronte a veri e propri abusi che generano un giro esorbitante di soldi pubblici versati a privati che agiscono contro la Legge”.
Quale tutela?
Il sistema della tutela è degenerato: Papi lo segnala, prima con avvertimenti scritti ai responsabili, poi con le denunce, diventando un personaggio scomodo per chi teme possa inceppare il meccanismo ben oliato del baraccone che deve essere mantenuto in funzione e “in attivo”. Per Papi sono gli anni di mobbing, viene demansionato, spostato, collocato altrove. Nonostante avesse specializzazioni per lavorare con bambini ed adolescenti lo mandano in una struttura per vecchi. Altro girone dell’inferno, Papi sbatte la porta e se ne va:“Sono andato in Procura e ho fornito le prove di tutto quello che avevo visto fare con i bambini, le loro famiglie, con gli anziani. Un fascicolo esplosivo con le prove di come avvenivano i rapimenti dei minori, come venivano terrorizzate le famiglie e lasciate a sé stesse, come venivano maltrattati vecchi e malati”.
Depositata la memoria in Procura, qualche settimana più tardi (è la metà di giugno 2019) dagli stessi uffici partono gli ordini per le ispezioni e i controlli negli uffici del Comune di Reggio Emilia: 48 ore dopo scoppia lo scandalo degli illeciti negli affidi a Bibbiano con l’indagine denominata Angeli e Demoni: tra gli indagati ci sono persone direttamente collegate con i dirigenti dei servizi sociali di Reggio Emilia.
La prima udienza del processo sul “sistema Reggio” si è tenuta a fine gennaio 2020: tutti i 15 accusati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Non hanno visto, non hanno sentito e non hanno parlato o hanno forse obbedito a direttive arrivate dall’alto, sorvolato su fatti illeciti e voltato la testa a quanti segnalavano eventuali irregolarità?
Antonietta Gianola
1 commento
Ci raccomandiamo di NON fermare le indagini e gli articoli sul “sistema affidi Italia” . Siamo solo alle prime scene di un film documentaristico sconcertante. Non è momento di spegnere i riflettori. Grazie !