Roma, 30 gen – Si “richiede specificamente che i programmi (tv e online) non siano caratterizzati da attori con tatuaggi, cultura hip hop, sottoculture e culture decadenti“. Colpo di spugna nell’industria dello spettacolo cinese, dove sta continuando imperterrita la Rivoluzione culturale fortemente voluta, a partire da tre anni fa, dal presidente cinese Xi Jinping. L’obiettivo, certamente ambizioso, sarebbe quello di rendere il mondo dell’intrattenimento l’espressione di “valori socialisti in modo vivido e brillante”.
Repulisti morale
Un “repulisti morale” che per primi ha toccato i giochi online, poi le arti performative e le piattaforme di live streaming. Venerdì scorso la State administration of Press, Publication, Radio, Film and Television – il ramo del Consiglio di Stato incaricato di amministrare i vari canali mediatici – ha stabilito che ora è il momento di “darci un taglio” con cantanti hip hop e tatuaggi. L’hip hop “è uno strumento per esprimere rabbia, miseria e lamentele” e pertanto “non si adatta alla Cina né vi può prosperare”.
I quattro no
Tutte le programmazioni dovranno quindi seguire la regola dei “quattro no“:
1) Assolutamente non usare artisti il cui cuore e morale non sono allineati con il partito e la cui moralità non è nobile
2) Assolutamente non usare artisti volgari, osceni e senza gusto
3) Assolutamente non usare artisti senza classe o il cui livello ideologico è basso
4) Assolutamente non usare artisti con alle spalle macchie, scandali e problemi di integrità morale
Una serie di epurazioni
Il divieto arriva dopo un’ondata di epurazioni televisive: il rapper GAI (al secolo Zhou Yan) è stato espulso senza preavviso dal programma The Singer, così come l’artista underground Triple H e Vava, rapper donna estromessa dal varietà Happy Camp. Ai primi di gennaio il rapper PG One si era dovuto pubblicamente scusare su richiesta delle autorità per i contenuti volgari della sua hit del 2015 Christmas Eve. Stop alla diffusione di messaggi misogini e all’esaltazione dell’utilizzo delle droghe: “I personaggi pubblici su Internet dovrebbero fungere da modello positivo e fornire una guida adeguata agli adolescenti del Paese”, ha spiegato la principale organizzazione politica giovanile della Repubblica popolare cinese che negli ultimi anni ha promosso la diffusione della musica dei Tianfu Shibian, un quartetto di rapper nazionalisti.
Non si tratta del primo colpo di spugna. Già nel 2015 erano state messe all’indice dal ministero della Cultura 120 canzoni – per lo più rap – accusate di “promuovere oscenità, violenza, atti criminali o minacciare la moralità pubblica”, mentre lo scorso luglio Justin Bieber, aveva ricevuto il benservito alla vigilia della sua tournée asiatica per “una serie di cattivi comportamenti, sia nella sua vita sociale che durante una precedente esibizione in Cina, causa di malcontento tra il pubblico “.
Le proteste
L’ira dei fan contro il giro di vite governativo serpeggia sulle piattaforme di streaming. “La Sarppft è così dozzinale! Non ha voluto dare ai cantanti hip-pop cinesi alcuna possibilità di sopravvivere! Torneremo ai tempi antichi”, commenta qualcuno su Weibo, il Twitter cinese. “Anche se in parte è spazzatura, l’hip hop di per sé non è sbagliato, il suo spirito è fondamentalmente ancora positivo,” gli fa eco un altro, “l’hip hop è appena emerso e ora viene bruscamente bandito. Non è forse questa una regressione culturale? ”
Cristina Gauri
5 comments
É triste dover ammirare l’operato dei comunisti…
[…] Author: Il Primato Nazionale […]
Ha fatto bene. Drogatevi a casa vostra e di nascosto!
Complimenti.
Hanno fatto bene. Li dovrebbero obbligare ad ascoltare tramite spotify raccolfe di musica internazionale anni 70 e 80 per fargli capire cosa è veramente musica.