Roma, 18 gen – Autostrade per l’Italia ritenta la strada della diplomazia per non perdere le concessioni sulla rete viaria nazionale. Lo fa mettendo sul piatto un carnet ricco di offerte: obiettivo di tentare in extremis di salvare il salvabile, con il ris\chio altrimenti di andare incontro al fallimento.
Investimenti e assunzioni
Il piano industriale 2020-2024, approvato pochi giorni fa dal cda presieduto dal neo amministratore delegato Roberto Tomasi intende segnare un punto di svolta. Rispetto ai 2,1 miliardi del periodo 2016-2020, gli investimenti salgono a 5,4. Crescita in doppia cifra anche per le manutenzioni – ordinarie e straordinarie – che lievitano del 40% a quota 1,6 miliardi. Altri 500 milioni saranno invece destinati a digitalizzazione e mobilità sostenibile.
Fanno in totale 7,5 miliardi, a fronte dei quali autostrade prevede di assumere oltre 1000 lavoratori. Una sorta di “compensazione” che arriva mentre il governo è impegnato a discutere se e come procedere alla revoca della concessione. Decisamente tardiva, tuttavia, se è vero che nel corso degli ultimi anni – come constatato fra gli altri anche dalla Corte dei Conti – investimenti e utili hanno segnato percorsi nettamente divergenti: mentre i primi venivano dimezzati, i secondi schizzavano alle stelle. A pensar male si fa peccato ma è lecito supporre che, senza la tragedia del Ponte Morandi e relativo scoperchiamento del vaso di Pandora attorno alle più che discutibili pratiche gestionali di Aspi, la società non avrebbe deviato dal percorso fin qui seguito.
“Senza la concessione rischio default”: è il mercato, bellezza
Se, nonostante la generosa offerta, l’esecutivo dovesse decidere di procedere con la revoca, il futuro per il gruppo Atlantia (la holding che controlla anche Autostrade per l’Italia) si profilerebbe a dir poco problematico. Come peraltro segnalato da varie agenzie di rating – prima Moody’s, poi Fitch – alcune delle quali hanno già declassato i titoli della finanziaria di famiglia Benetton a livello “spazzatura”.
“Senza concessioni e con gli indennizzi previsti dal decreto Milleproroghe l’azienda andrà in default”, ha ammesso senza mezzi termini Tomasi. Il riferimento è alla previsione di legge che taglierebbe la penale da 23 a 7 miliardi. Se si considera che il debito di Atlantia assomma a 38 miliardi e che il solo settore delle autostrade garantisce circa 7 miliardi di margine operativo lordo, è facile comprendere come la revoca causerebbe un effetto a catena difficilmente controllabile.
Filippo Burla
4 comments
E sti cazzi!
Che non ci sarà nessuna revoca seria è chiaro; si farà un accrocco piuttosto.
falliranno?
sarà ben meritato.
anche da prima che si scoperchiasse questo verminaio
delle manutenzioni inesistenti,meritavano
di perdere la concessione:
per i loro costanti aumenti
superiori al tasso di inflazione,
(regolarmente nei periodi di esodi festivi)
per il fatto che stanno lasciando a casa migliaia di casellanti sostituiti da robot per sfondarsi sempre di più il portafogli,
e per aver voluto una mancanza assoluta di concorrenza all’interno delle autostrate,vedi i carburanti che nella rete costano mediamente venti centesimi al litro in più che fuori,
e autogrill che è caro impestato a fronte di qualità di cibi e bevande medriocri.
tutti costi che NON puoi evitare,come non puoi evitare di usare le autostrade quando devi fare viaggi lunghi.
come già detto più volte..il mercato E’ TROPPO AVIDO,per gestire servizi essenziali:
essi DEVONO ritornare sotto lo stato.
Son qui che ho i lacrimoni. 43 morti. Solo per questo andrebbero deportati in Siberia.