Roma, 17 gen – Provate adesso a chiamarle risorse e sperticatevi nelle lodi della società multiculturale che arricchisce il vecchio continente. Adesso che a Torino, in una fabbrica cinese che inscatola pennarelli, alcuni immigrati africani lavoravano come schiavi sette giorni su sette. Una vicenda, purtroppo non isolata, che dovrebbe far aprire gli occhi a molti apologeti del melting pot e delle virtù connaturate nell’immigrazione. Sì perché nella ditta Pakiging srl, a San Mauro Torinese, tre richiedenti asilo africani (gambiani e ghanesi) hanno denunciato il titolare cinese perché li avrebbe fatti lavorare sette giorni su sette, per 11 ore al giorno, pagandoli 150 euro al mese.
Sfruttamento e ricatti
Non solo, i tre immigrati sarebbero stati ricattati e costretti a pagare 50 euro per il ottenere dei documenti che sarebbero dovuti servire successivamente al rilascio del permesso di soggiorno. Non solo, stando sempre alla denuncia dei richiedenti asilo, i proprietari della ditta di pennarelli li costringevano a non allontanarsi dalla fabbrica, che veniva chiusa a chiave durante le lunghe ore di lavoro.
Quando poi i dipendenti così sfruttati hanno chiesto un aumento dello stipendio, la risposta dei datori di lavoro è stata piuttosto emblematica: chiusura della fabbrica, liquidazione della società e riapertura di un’altra ditta con altri lavoratori sottoposti alle stesse condizioni di sfruttamento. Ieri, alla prima udienza del processo al Palazzo di Giustizia di Torino, i titolari cinesi della fabbrica non si non neppure presentati. Eccolo qua, il magico mondo della società aperta.
Alessandro Della Guglia
1 commento
I cinesi/pelosi (nel cervello) sono sempre tali, capiamo le cinesine che vorrebbero cambiare…