Roma, 15 gen – Stanno facendo il giro del mondo le immagini degli studenti iraniani che si rifiutano di calpestare le bandiere di Usa e Israele poste dalle autorità sul terreno dell’università di Teheran. Che questo sia il segnale di una “primavera iraniana” tutta diritti e democrazia, come lasciano intendere i media occidentali, non lo crediamo neanche un po’. Nulla, peraltro, lascia supporre che, in caso di crisi politica irreversibile del modello iraniano, debba necessariamente affermarsi a Teheran un regime obamiano che tragga la sua agenda politica dagli editoriali di Fanpage. Quale che sia la sorte dell’Iran, e che noi ovviamente auspichiamo decisa dagli iraniani, l’episodio, per quel che vale, ci offre comunque lo spunto per una riflessione su un certo modo di comunicare e di leggere l’attualità internazionale, che riguarda loro, ma in qualche modo riguarda anche noi.
Serve gridare “morte agli Usa?”
La retorica fiammeggiante contro l’America ha ovviamente a che fare con un certo modo mediorientale di esprimersi, che lascia ampio spazio alla fanfaronata retorica. Si urla “morte agli Usa” così come si grida in modo plateale ai funerali, per ragioni più drammaturgiche che sostanziali. Si può anche dire che una società di politici che fanno i gradassi a parole contro gli Usa sia comunque migliore di una in cui i governanti sono servili verso Washington persino a parole, ed è il nostro caso. Giusto. Il problema è se l’antiamericanismo verbale finisce per sostituire un antiamericanismo (o, meglio, un non americanismo) sostanziale.
Guardiamo al modo in cui Teheran ha replicato all’uccisione di Soleimani: proclami di vendetta, evocazione di un nuovo Vietnam, e poi qualche miccetta tirata contro una base Usa. Gli 80 morti dati in pasto a un’opinione pubblica iraniana sempre più scettica e mai esistiti hanno amplificato ancora di più questa discrasia eclatante tra fatti e parole. L’abbattimento dell’aereo ucraino ha fatto il resto. Ma la questione, come si diceva, non riguarda solo gli iraniani, riguarda anche noi, cioè tutti coloro che auspicano un mondo non americanizzato. Mi sto chiedendo, in buona sostanza, se non sia il caso di finirla con un antiamericanismo di maniera fatto di sogni di rivolta, proclami incendiari e tanta impotenza reale.
Sovranisti: mordere di più, abbaiare di meno
L’antiamericanismo che tuona contro le basi Usa in Italia, per esempio, non ha la benché minima idea di come andrebbe impostata una difesa nazionale post-americana (che, peraltro, non potrebbe che passare per l’odiata Europa). Il discorso è ovviamente parte di una dinamica generale che trascende la mera questione dei rapporti con gli Usa e ha a che fare con la bolla di fuffa in cui siamo tutti immersi e che, in particolare, sembra alimentare soprattutto la retorica sovranista. Un mondo che abbaia contro chiunque, ma non morde mai nessuno. E se cominciassimo ad affilare i denti in silenzio?
Adriano Scianca
4 comments
Articolo condivisibile, come sono spesso quelli di Scianca, meno che l’ultima parte.
Il riferimento ad una difesa che deve passare “necessariamente per l’odiata Europa” mi sembra fuori luogo e gravemente limitante per l’immagine stessa dell’Italia e i suoi sogni di sovranità. Se vogliamo un paese davvero libero e indipendente, non possiamo delegare a nessuno la nostra protezione, né tantomeno unirci forzatamente ad altri paesi europei che sono potenzialmente nostri nemici e concorrenti. Ciòè, uno dei nostri più grandi rivale geopolitici, da sempre,è la Francia, basta vedere cosa hanno fatto in Libia, che dovrebbe essere nostri esclusivo interesse; come possiamo pensare di delegare parte della nostra difesa a Macron, ma fosse anche Le Pen? Follia.
Dobbiamo fare da soli, anche se questo dovesse comportare, come è ovvio, qualche sacrificio in più. L’Italia può farcela, è abbastanza grande da poter essere autonoma, anche se non è un peso massimo.
Non serve diventare una super-mega potenza con spese militari stellari come gli stessi USA, per essere liberi, basta molto meno.
Lo stesso Iran ce lo dimostra : militarmente è ben poca cosa rispetto all’America, ma anche ad Israele, eppure nonostante sia sotto minaccia da 40 anni e senza alleati, gli yankee si guardano bene dallo sferrare un vero attacco.
Oppure la piccola e poverissima Corea del Nord, una tigre di carta con un esercito numerosissimo ma equipaggiato con relitti sovietici vecchi di mezzo secolo, praticamente priva di una vera marina, che però resiste accanitamente da 70 anni contro un potere immensamente più grande, e anche di recente, ha respinto al mittente i tentativi di Trump di distruggere il regime.
Ecco, io da patriota e nazionalista trovo inaccettabile l’idea che l’Italia non possa difendersi da sola. Anzi, proprio guardando all’esempio nordcoreano, credo che al nostro paese basterebbe dotarsi di un arsenale atomico, anche limitato come quello di Pyongyang, per essere già inserita nel club dei paesi intoccabili. Non è assolutamente impossibile, si può fare materialmente senza eccessive difficoltà.
Quello che davvero manca è la volontà, una volontà forte e incrollabile da parte di qualche forza politica. Al momento nella rappresentanza parlamentare nessuno ce l’ha, però se comincia a mancare pure in chi sta fuori, pure in Casapound e dintorni, allora la situazione è davvero perduta.
Ma poi chi è che affila i denti, se non ha il potere, neanche una briciola? CPI si è tirata indietro, e chi altro dovrebbe farlo? Salvini e Meloni sono ormai totalmente andati, ammesso e non concesso che abbiano mai voluto davvero.
Concordo. E’ un fatto che i più forti e coriacei avversari degli americani non hanno un passato di urlatori antiamericanisti, anzi hanno preso il potere in alleanza ed con il pieno appoggio degli USA, salvo poi, una volta avuto il pieno potere, farsi i cavoli del loro popoli CONTRO gli USA (è il caso dia di Putin che di Erdogan). E che altrettanto, gente che prima di prendere il potere diceva degli americani cose che io, antiamericano da sempre, non avevo nemmeno il coraggio di pensare, una volta andato al potere si è dimostrato il peggiore ed il più viscido servo degli americani possibile (e qui il nome di Dalema viene in automatico)… Quindi meno chiacchiere formali e più silenziosa sostanza
È vero che gli iraniani hanno lanciato qualche missile per abbaiare CON il popolo: ma sentendosi costretti a rispondere per le rime avrebbero fatto bene a percorrere la strada della vendetta a sangue caldo immediatamente dopo aver ricevuto la notizia dell’assassinio di Suleimani, non tre giorni dopo. Avrebbero fatto più male e probabilmente non avrebbero dato il tempo agli americani di rilanciare veti su ritorsioni. Insomma un cazzotto tira l’altro e gli yankee avrebbero accettato anche un grosso prezzo da pagare. Ma tre giorni dopo non aveva proprio senso se non per acquietare il popolo. Detto questo sono sicuro che la strategia a lungo termine è la strada che vogliono percorrere per ottenere più vantaggi rispetto ad una goliardata pericolosa come la vendetta verso gli USA. Vogliono espellere gli USA dal medio oriente e se si impegnano e trovano collaborazione con altre potenze forse ce la possono anche fare. Non dimentichiamoci che nel ’79 non hanno soltanto abbaiato contro gli USA, li hanno proprio espulsi dal paese! Quindi mordono, altro che noi.
Ma hanno evidentemente bisogno anche loro della propaganda.
Confesso di non aver ben capito a cosa e soprattutto, a chi il direttore Scianca si riferisca con questo articolo. Però, credo che ci sia almeno un passaggio che, secondo me, ha colto nel segno; lo cito:
— “Guardiamo al modo in cui Teheran ha replicato all’uccisione di Soleimaini: proclami di vendetta, evocazione di un nuovo Vietnam, e poi qualche miccetta tirata contro una base Usa” —
Domando: ma sono, forse, l’unico ad essersi sentito preso in giro? Ma non perché abbia ardentemente desiderato il cataclisma atomico… Il punto è che, sentiti i proclami di solenne vendetta nel “nome di Dio” (tra l’altro, una cosa del tutto inaccettabile) per un fatto di una gravità inaudita ma che non rappresenta certo una novità nella storia della barbarie umanoide, mi sarei aspettato vere e proprie azioni di guerra. Al tempo stesso, è impossibile considerare meno che ovvio il fatto che a noi, come spettatori inermi, mànchino parecchie tessere, anche solo per iniziare a costruire, il mosaico delle varie relazioni internazionali sulla realtà delle quali possediamo giusto dei frammenti di notizie e in base a detti frammenti, ci ritroviamo a fare unicamente delle congetture.
Poi, riguardo l’anti-americanismo: prima di tutto occorre definire, nel miglior modo possibile, cosa, effettivamente, rappresenti l’America e cosa, effettivamente, rappresenti l’americanismo per ognuno di noi come uomini e donne europei. Questo è un lavoro che ciascuno deve necessariamente fare da sé, intendo: trovando le risposte in sé stessi.
L’unica possibilità che si ha è quella di dis-americanizzarsi innanzitutto a livello interiore. Che non è proprio una cosa facile-facile da risolversi nel giro di un’oretta…