Roma, 22 nov – In principio fu Mani Pulite. E non ci riferiamo alle tristemente famose monetine dell’Hotel Rafael ma al meno conosciuto Popolo del Fax. All’epoca senza internet, e-mail, social e flash mob ci si accontentava del fax con cui gli antipolitici trasversali di allora intasarono le linee di procure e quotidiani per dare solidarietà al Pool che rincorreva i politici della Prima Repubblica tintinnando manette. L’eroe di quei anni fu Antonio Di Pietro che da indagatore dell’incubo politico provò poi a creare l’Italia dei Valori smettendo la toga. E’ noto come finì.
Gli anni ruggenti dei girotondi
Poi arrivarono i “girotondi”, nati anch’essi per sostenere il potere giudiziale a scapito di quello politico incagliatosi tra bicamerali e yacht a largo di Gallipoli: correva l’anno 2002 e il movimento pseudo trasversale manifestò al Palazzo di Giustizia di Milano per sostenere, appunto, i giudici. Fu poi la volta della “marcia dei professori” a Firenze – fatta per sostenere “la democrazia in pericolo” –, le iniziative di MicroMega, il “milione di persone” a Roma a San Giovanni e l’accorato appello di Nanni Moretti a Piazza Navona che non servì né a quel movimento per evitare l’ingloriosa estinzione né al regista per prendere l’agognato Oscar. I “girotondi”, infatti, non finirono meglio dei fax: durante il primo anniversario del movimento l’acclamato Sergio Cofferati fu plebiscitariamente eletto leader anti-dalemiano. Poi anziché candidarsi contro di lui ne accettò la proposta di correre come sindaco a Bologna e… tutti giù per terra!
Popolo viola e popolo arancione
Nemmeno il tempo di rialzarsi dalla rovinosa caduta che il popolo divenne prima viola e poi arancione: il primo dichiaratosi apartitico ma nato – stavolta su facebook che si guardò bene da attuare censure o chiusure di pagine – contro un nemico preciso che era Silvio Berlusconi. Dopo la manifestazione del 2009 le faide interne trasformarono il Popolo Viola in Rete Viola e di lì a poi l’autogol fu inevitabile. Il secondo scelse il colore associato al “Partito umanista” che, nel frattempo, era diventato quello di chi in Ucraina era sceso in piazza (novembre 2004) per contestare la vittoria elettorale di Viktor Janukovyč contro lo sfidante Viktor Juščenko. Da noi il popolo arancione arrivò nel 2011 a ridosso delle elezioni amministrative di Milano, Napoli, Genova e Palermo. Fu incarnato da Giuliano Pisapia, Luigi De Magistris, Marco Doria e Leoluca Orlando: vinsero tutti e si parlò di “arancione nazionale”. Poi la lunga serie di vicissitudini amministrative delle città amministrate dai quattro sindaci segnò l’epilogo anche di questo movimento. Oggi, alla fine della parabola grillina – che pure aveva organizzato eventi di livello indubbio come il Vaffaday… – sono le “sardine” che si arringano a megafono della “società civile” proponendosi di riempire le piazze italiane come già fatto a Bologna.
Apolitici e apartitici, ma è una truffa
Quello che emerge da questo fenomeno, come negli altri casi rievocati, è lo sbandierato rifiuto di simboli politici che non siano le sardine cartonate veicolate dagli organizzatori. E’ la ricerca della costante che dai tavoli di poker si sposta nelle piazze quando la sinistra, incapace di proporsi decorosamente al proprio elettorato, ricorre ad esso movimentando “dal basso”: in realtà è solo un modo per trovare un palliativo allo spirito di disunione interna, che monta in seno all’intellighenzia di sinistra quando si sente in colpa, poiché consapevole di aver preferito le poltrone alla rappresentanza dei propri elettori.
Sicché, la sinistra supportata più o meno da intellettuali politicizzati, si articola in partiti e/o in schieramenti veicolati come trasversali ma che in realtà sono oltranzisti e settari, ai quali gli avversari non sembrano legittimi concorrenti nella gara per il potere, ma nemici da distruggere per sempre e con qualsiasi mezzo. E ciò richiede la necessaria creazione di nuove divisioni frontali e incomprensibili dalla più parte dei cittadini, condotti a considerarli, perciò, più simili a contrasti di tipo etico-ideologico, ossia religiosi. Qualche esempio a partire dall’Unità: legittimisti-costituzionali (1861-1871); colonialisti-anticolonialisti (1880-1910); interventisti-pacifisti (1914-1915); fascisti-antifascisti (1919-1925); partigiani-repubblicani di Salò (1943-1945); comunisti-anticomunisti (1948-1989); giustizialisti-garantisti (1992-2002) e via di seguito.
Senza un nemico, insomma, la sinistra quando si chiude nei palazzi del potere non riempie la piazza. Ma la storia insegna che una volta trovatone uno, senza idee e senza contenuti, la piazza come si riempie si svuota. Perché manca del sale che ne mantiene l’unità e l’identità: l’idea di Nazione. E senza sale, è noto, le sardine vanno a male.
Roberto Bonuglia
3 comments
È vero. Senza SALE vanno a MALE. Pero’ significa che sono gia state pescate e sono MORTE. Magari, Visto il Q. I., manco se ne sono ACCORTE. (Basta che Padron FRODO ” regali” un qualche SALARIO PUBBLICO ai “capi/saracca”…..). Quindi, da “sardine” a SARACCHE sotto SALE. Manca solo la negretta, da tenersi “stretta – stretta”… Cosa sa’ di: “bella ciao” ?… A Lei basta il CAFARNAO!… Dove volano gli stracci è una PACCHIA per NEGRACCI!!!
Ma perche”” … i Pfrocioni9 pride che sfilano nelle piazze chi sono????
[…] Siamo incerti se definirlo un incubo o una barzelletta: i gretini chiamano all’appello le sardine e le invitano a scioperare con loro. Due movimenti che a grandi linee si intersecano: scommettiamo […]