Roma, 21 ago – In vista delle consultazioni al Colle sulla crisi di governo, al via dalle 16 di oggi, i partiti si riuniscono per fare il punto sulle prossime mosse. Alle 11 è prevista la direzione del Partito Democratico (talmente diviso sul da farsi che dovrà persino decidere chi farà parte della delegazione al Colle), alle 13 ci sarà un’assemblea dei deputati della Lega mentre alle 14, sempre quanto riferiscono fonti parlamentari, Luigi Di Maio incontrerà i capigruppo e i presidenti di commissione a 5 Stelle sempre a Montecitorio. Posto che una riedizione della maggioranza Lega-M5S è esclusa – dopo gli attacchi di ieri in Aula – gli occhi sono puntati sul possibile “inciucione”, ossia un’allenza di sconfitti alle urne e per questo aggrappati alle poltrone: 5 Stelle, Pd, Leu e frattaglie varie, il tutto in una salsa di sinistra indigesta per la stragrande maggioranza degli elettori.
Trattative Pd-M5S: i paletti e i desiderata
Se nel Movimento 5 Stelle, “innamorato” del premier dimissionario, in tanti auspicano che “l’avvocato del popolo” (da ieri più che altro “l’inquisitore di Salvini”) ricopra nuovamente il suo incarico nell’alleanza con il Pd e le sinistre, il segretario dem Nicola Zingaretti esclude categoricamente un Conte bis (in tal senso prende piede l’ipotesi del “compagno” Roberto Fico candidato premier, che sposterebbe ulteriormente a sinistra l’asse). Ma al di sopra dei tanti desiderata degli schieramenti ci sono i paletti del Colle: Mattarella vuole un governo forte, che duri, mai darebbe il placet a un accordicchio dal respiro corto che ci condurrebbe comunque al voto anticipato. Ecco quindi qual è il bandolo della matassa: individuare una piattaforma programmatica comune da proporre al capo dello Stato che sia credibile, almeno per lui.
5 Stelle: “Nessuna chiamata Di Maio-Zingaretti”
Sul fronte delle trattative, se i 5 Stelle si affrettano a smentire che Di Maio si sia sentito con Zingaretti, con una nota compiaciuta per i presunti “corteggiamenti” nei confronti del Movimento, chi non si affanna – almeno ufficialmente – a fare trattative è l’ex premier ed ex segretario Pd Matteo Renzi. Trattative che è ovvio che sono in corso, checché ne dica il M5S (“Quanto riportato oggi da alcuni organi di stampa è totalmente falso. Il vicepresidente Luigi Di Maio non ha mai chiamato alcun leader politico. I contenuti delle stesse conversazioni attribuiti al vicepresidente sono pertanto falsi. Al contrario, sono invece numerose le sollecitazioni che il M5s riceve in queste ore da più parti…”).
Il redivivo Renzi prende le distanze
“Credo che Zingaretti oggi in direzione riceverà tranquillamente un forte mandato. Stavolta il problema non è il Pd, stavolta il pasticcio lo ha combinato Salvini. Detto questo, sono fuori da un anno e mezzo dalle dinamiche del Pd, ho scelto di non fare una corrente”, assicura Renzi. “Mi pare che il Pd abbia una posizione molto chiara sul governo di legislatura. Zingaretti ha detto una cosa molto chiara: ‘Io ci sto se ci si farà un governo solido e forte’. Però se la devono vedere Pd e 5Stelle, io non sono più il segretario del Pd“, rimarca il senatore, ospite a Radio Anch’io su Radio Raiuno.
Ora Zingaretti proverà a serrare i ranghi dem
Sul fronte dem, ufficialmente nessuno teme il voto anticipato (ma non è vero). Nel caso in cui, però, si verificassero le condizioni per non interrompere la legislatura (l'”inciucione” con i 5 Stelle), per il segretario Zingaretti l’unica soluzione è un governo “solido”, proprio come chiede Mattarella. Un esecutivo di legislatura che riparta dal fallimento del governo gialloverde che – a detta del governatore del Lazio – “ha portato l’Italia nel pantano”. Il punto quindi è: riuscirà Zingaretti a serrare i ranghi e riunire le diverse anime dem verso l’obiettivo comune della difesa della poltrona? “Nessuno si fida di Renzi – lamentano tra le file dem – che vuole un governicchio di 5 mesi. Ecco perché l’ipotesi che si vada al voto non è assolutamente da escludere”.
Adolfo Spezzaferro