Roma,2 dic – «Il mio obiettivo è semplice: rendere il nostro sistema di immigrazione più giusto e frenare l’afflusso eccezionalmente elevato di immigrati provenienti dal resto dell’Ue. […] La libera circolazione sta favorendo troppo l’immigrazione di italiani, a scapito dei residenti. Non c’è alcun dubbio che il piano nel suo insieme richiederà alcune modifiche dei trattati e io sono fiducioso nelle nostre capacità di negoziare». Parole di David Cameron, premier britannico, pronunciate nel corso di un incontro con i propri sostenitori nel West Midlands, il cuore dell’Inghilterra più conservatrice e lontana dal cosmopolitismo della capitale.
In vista delle elezioni, previste fra sei mesi, Cameron cerca di pescare voti preziosi in quelle fasce dell’elettorato medio stanche di sostenere, con il denaro delle proprie tasse, l’assistenza pubblica garantita agli immigrati. Il premier inglese teme il voto di primavera: è uscito indebolito dal referendum in Scozia, conclusosi con la vittoria del No all’indipendenza ma a un prezzo estremamente caro in termini di concessioni economiche e politiche. Inoltre l’Ukip di Farage, partito bandiera della protesta anti-euro e anti-immigrazione, rischia di cavalcare l’ondata del malcontento e sottrarre preziosi voti ai conservatori.
Il fatto che Cameron parli di immigrazione proveniente dai Paesi dell’Ue non è, ovviamente, casuale. Uno studio pubblicato pochi giorni fa dall’Ufficio nazionale di statistica ha evidenziato come nell’arco di tempo tra il giugno 2013 e il giugno 2014 ci sia stato un incremento del 39% degli ingressi di cittadini europei; traducendo le percentuali in numeri si calcola che oltre 300mila nuovi arrivi provengono da uno dei 27 Stati dell’Unione Europea. La proposta del premier per arginare questi flussi sembra prevedere la concessione di un arco di tempo di sei mesi per trovare un lavoro che garantisca la permanenza in Gran Bretagna. Qualora l’immigrato non riuscisse a provvedere al proprio sostentamento al termine dei sei mesi verrebbe immediatamente espulso.
Un cambio radicale alle politiche di accoglienza fieramente sbandierate nel tempo dai britannici; un cambiamento che avrebbe ripercussioni inevitabili all’interno dell’Ue, considerato che la sua applicazione comprenderebbe la modifica di trattati internazionali. Vedremo da qui alla prossima primavera se le parole di Cameron rimarranno uno spot elettorale o se ci sarà un seguito concreto; nel frattempo attendiamo le considerazioni degli aspiranti “baronetti” nostrani, sempre pronti a proporre il modello inglese in ogni ambito, dalle politiche economiche alle leggi sugli stadi: dirotteranno l’attenzione sul royal baby e sui cappellini della regina o ammetteranno che nuove politiche sui flussi migratori sono auspicate anche all’ombra del Big Ben?
Francesco Pezzuto