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Se la Cassa va in Cina

by Armando Haller
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Il governo firma l'accordo con State grid of China

31 lug 2014, il governo firma l’accordo con State grid of China

Roma, 22 nov – “Ci è stato proposto Pechino, se decideremo di essere presenti fuori confine partiremo senz’altro dalla Cina”. A parlare è Franco Bassanini, presidente in carica di Cassa Depositi e Prestiti, già in parlamento per quasi trent’anni e ministro nei governi Amato, Prodi e D’Alema. Visti i precedenti, viene facile pensare a qualcosa di simile a un punto vendita direttamente in sede cliente, Cdp che si lancia in un porta a porta globale.

In effetti la Cassa e il Dragone si erano già incontrati nella scorsa estate, ne era uscita una partnership per l’ingresso di State grid of China in Cdp Reti (Snam e Terna soprattutto), a questo punto solo il primo passo di una futuribile e più ampia collaborazione. Nessuna novità: nei primi sei mesi del 2014 Pechino ha investito all’estero 32 miliardi di euro, in 2.766 imprese con base in 146 diversi Paesi. All’Italia il 20% del totale di questo enorme patrimonio, una lunga sequela di acquisizioni che si configura come veicolo principale del neocolonialismo cinese. C’è dentro di tutto in quella massa di miliardi che conquistano l’economia italiana: schiavismo, traffico di organi, totale assenza di una qualsiasi regolamentazione degli impatti ambientali delle attività produttive, per non parlare della speculazione finanziaria ovviamente.

L’arrivo a gamba tesa dei capitali cinesi in Italia è il grande risultato dei governi tecnici, dell’era Renzi e dei ministri alla Lupi; senza contare che oltre alle reti energetiche la lista di questi investimenti conta le più importanti realtà economiche del nostro Paese: Eni, Enel, Telecom, Prysmian, Ansaldo Energia e Ferretti solo per citarne alcune. C’è da chiedersi se servissero realmente i tecnici: dal terzo trimestre del 2011, nessun indicatore trimestrale del Pil ha mai abbandonato il segno meno, arrivando a un valore che a novembre è pari a quello di 14 anni fa. E dire che nella stima hanno di recente incluso anche il giro d’affari di droga, prostituzione e contrabbando.

Proprio mentre Francia e Ue tornano a timidamente a crescere (+0,3% nello scorso trimestre), sull’agenda del ministro dell’Economia si riapre il capitolo privatizzazioni: il 5% di Enel è dato in procinto di cessione mentre in lista figurano anche Poste e Ferrovie dello Stato. Per quanto riguarda Enel, stiamo parlando di un ritorno stimato di circa 2 miliardi di euro, l’equivalente degli interessi che in soli dieci giorni maturano sul nostro debito pubblico (318 miliardi negli ultimi quattro anni). L’inutilità dell’operazione sul fronte della riduzione del debito è fuori ogni dubbio, evidentemente c’è dell’altro.

E se per rivedere il segno “più” servisse più Stato, più Popolo e più Lavoro?

Armando Haller

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