Roma, 16 gen – Il governo è spaccato sulla Tav, le posizioni di Lega e M5S restano inconciliabili: i primi sono per la realizzazione dell’opera, i secondi assolutamente contrari.
Qualche giorno fa Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera ha auspicato: “Speriamo prevalga la politica sull’analisi dei tecnici come è avvenuto per il Terzo Valico, magari trovando nuove modalità di esecuzione ma senza mettere in discussione l”opera”. Molinari ha anche sottolineato: “Fin dall’inizio sapevamo che avevamo posizioni differenti con il M5S su questo tema, ma credo che il M5S che fa della democrazia diretta una bandiera non potrà non essere d’accordo sul referendum“.
Di tutt’altro avviso i 5 Stelle (soprattutto la frangia “rossa” che fa capo al presidente della Camera Roberto Fico, che restano sulle loro posizioni No Tav, con il ministro alle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli che ribadisce: “Se l’analisi sarà negativa, senza alcun pregiudizio ne parleremo con la Francia e poi con la Lega. L’importante è gestire bene il portafoglio pubblico”.
Toninelli ricorda che il M5S “è sempre stato contro un’opera che è uno spreco in assoluto, ma per essere coerenti abbiamo fatto l’analisi costi-benefici, che è una cosa molto complessa”. Analisi attesa nei prossimi giorni e che se avrà l’ok verrà “protocollata”.
Dal canto suo, il commissario di governo per la linea Torino-Lione, Paolo Foietta, è sicuro: “Si deve fare. Lo ha deciso il Parlamento e la scelta di non farla spetta al Parlamento attraverso un atto di ricusazione di un trattato internazionale ratificato il primo marzo del 2017″.
A margine dell’audizione in commissione Trasporti, Foietta spiega: “Il passaggio in Parlamento è un atto obbligatorio”. E aggiunge che sebbene il referendum rappresenti l’extrema ratio, “la Costituzione non prevede che un trattato internazionale sia oggetto di referendum, che potrebbe, se mai, essere consultivo“. Foietta inoltre – alla domanda se avesse avuto recenti contatti con il governo – replica: “Non ho mai parlato. Ho inviato 12 lettere via Pec ma non ho ottenuto nessuna risposta. Questo è gravissimo e, considerando che sono un commissario governativo e il governo è quindi è il mio interlocutore, è paradossale “, ha detto.
Sullo stato dell’opera, poi, Foietta rileva come “sul resto della Alpi si stanno facendo sette tunnel: in Svizzera tre sono già stati finiti, poi c’è quello dello Brennero e gli austriaci stanno alacremente lavorando per rinnovare tutto il sistema delle gallerie dell’800. Non capiscono perché quello che vale ai confini con l’Austria e con la Svizzera non possa valere nelle Alpi occidentali”.
E aggiunge: “Chiariamo una volta per tutte: la Torino-Lione non è una linea da alta velocità, ma una linea ferroviaria moderna a standard europei che è in grado di portare treni merci lunghi, pesanti, larghi e alti e che viaggeranno alla stessa velocità in cui viaggiano i treni merci. E’ un favola che le merci andranno più veloci”.
Infine il commissario lancia l’allarme: interrompere il tunnel costa più che finirlo. E spiega che in caso di abbandono del progetto Tav Torino-Lione, “anche senza pagare penali si dovranno restituire i soldi ottenuti e farsi carico dei contenziosi che deriveranno dall’interruzione del lavori”, e “quando parliamo di 2,5 miliardi parliamo di questi valori”.
Insomma, taglia corto il commissario, la linea ferroviaria attuale ha “esaurito il suo ciclo di vita” e, pertanto, il tema della Tav “è una patacca”. Il punto è che la Torino-Lione va ultimata perché “la linea attuale, per ragioni tecniche e di sicurezza, è ormai satura. La linea vecchia non funziona più“, conclude Foietta.
Vedremo ora come Toninelli, che temporeggia aspettando l’esito dell’analisi costi-benefici, replicherà a questi dati incontrovertibili. Per non parlare del fatto che gli stessi tecnici che stanno esaminando l’opera hanno chiarito che la decisione è e deve essere politica.
A questo punto pare improbabile che i 5 Stelle si oppongano anche al referendum (sabato erano gli unici assenti dalla piazza Sì Tav a Torino), nel caso in cui la “patata bollente” venisse passata ai piemontesi dopo il fallimento delle trattative tra gli alleati di governo.
Adolfo Spezzaferro