Roma, 30 set – Prima venne il 19 settembre, dagli Usa alla Francia, dalla Germania al Regno Unito al Giappone, quindi il 26 settembre anche in Italia, accompagnato dalle rituali e forse ancora più imponenti code di ore, anzi di giorni, accampati o in piedi al caldo e al freddo, sotto la pioggia, non importa purché sia… iPhone 6 (meglio se “plus”).
Senza distinzioni geografiche, da nord a sud, a Milano, Torino e Roma, a Firenze come a Cagliari. Salvo goliardici ma significativi fuori programma, come quello offerto dal Blocco Studentesco nella capitale che invitava a “ritrovare se stessi”, l’isteria collettiva per lo più giovanile è andata in scena anche questa volta e con rinnovato vigore, alla faccia della crisi, del lavoro giovanile che non c’è, e – sia detto senza retorica – dei modi probabilmente migliori di impiegare il proprio tempo libero.
Generalizzare è sempre rischioso, tuttavia di fronte a tanta disarmante mobilitazione nazionale e globale ci è venuto in mente di cercare di capire se esista qualche fondamentale sottostante in grado almeno di farcene fare una ragione.
Un appiglio, come altre volte, viene dal serissimo portale di analisi economiche finanziarie e sociali ZeroHedge che, in un recente articolo, riporta un grafico in cui si legge che l’intelligenza media, in gergo “IQ” o quoziente d’intelligenza, a livello mondiale è crollata di circa 3 punti dal 1950 a oggi ed è proiettata verso una diminuzione di circa 8 punti fino al 2100. Lo stesso articolo prende spunto da questa evidenza per richiamare i rischi crescenti e ulteriori che la proliferazione di armamenti sempre più letali può comportare finendo nelle mani di popoli sempre più stupidi.
A noi interessa piuttosto verificare se questa dichiarata tendenza abbia un fondamento scientifico; purtroppo, pare di si.
Le ricerche sono state infatti condotte da serissimi dipartimenti di sociologia (università di Hartford) e di psicologia (università di Copenaghen), con riferimento soprattutto a Regno Unito, Danimarca e Australia, e non smentite da studi contrari.
I ricercatori ipotizzano che, dopo aver assorbito gli effetti positivi per l’intelligenza della migliore alimentazione, igiene e standard di vita (il cosiddetto “effetto Flynn”), almeno nei paesi sviluppati, l’umanità abbia raggiunto da tempo il proprio “picco dell’intelligenza” e si sia avviata verso un declino di stupidità che, in assenza dello straordinario progresso sociale e civile del secolo scorso (e quindi, tanto per cambiare, grazie al petrolio a basso costo), si sarebbe manifestato da molto più tempo.
Una spiegazione di tale sorprendente tendenza risiederebbe nel fatto molto generale che le donne, o le coppie, con IQ minore di solito fanno più figli, che a loro volta ereditano almeno in parte (in realtà, a quanto pare, in buona parte) il modesto quoziente intellettivo dei genitori, e vice versa per le donne (coppie) con IQ superiore. Una seconda spiegazione, eventualmente valida soltanto per i paesi sviluppati, consisterebbe invece nella immigrazione da aree del mondo nettamente più povere, per le quali l’effetto Flynn non si è ancora dispiegato, come purtroppo evidente nella compilazione degli IQ suddivisi per paesi. Non sarà invece sorprendente constatare, nella stessa tabella, come gli IQ più elevati nel mondo appartengano al Giappone, alla Corea del Sud, alla Cina, alla Germania e – orgogliosamente – all’Italia.
Da parte nostra, vogliamo azzardare anche l’ipotesi che, una volta acquisiti i benefici dello sviluppo sociale e sanitario, tra le cause del declino dell’intelligenza possano annoverarsi proprio la mancata necessità di far fronte con rapida intelligenza ai bisogni della sopravvivenza e l’assenza di obiettivi forti e impegnativi, non solo personali ma anche collettivi e nazionali, in una deriva sempre più pericolosa sia per le ragioni addotte da ZeroHedge, sia più in generale per l’inarrestabile declino economico che, più presto che tardi, ci richiamerà a responsabilità che credevamo dimenticate.
Francesco Meneguzzo