Home » Coppa Italia: una riforma che puzza di Superlega (dei poveri)

Coppa Italia: una riforma che puzza di Superlega (dei poveri)

by Eugenio Taliento
0 commento
coppa italia

Roma, 8 mag – Nel corso del Consiglio di Lega che si è svolto nel pomeriggio di mercoledì scorso è stata approvata la riforma della Coppa Italia che entrerà in vigore a partire dalla prossima stagione. Il nuovo formato prevede che a far parte della nuova coppa nazione saranno in totale 40 squadre: 20 di queste saranno quelle della serie A, mentre le altre 20 verranno dalla serie B. Escluse dal torneo tutte quelle della terza categoria e delle serie minori. Non è tardata la risposta di Ghirelli, presidente della Lega Pro, che definisce questo nuovo modello come l’espressione di un solo calcio d’élite.

È curiosa questa direzione intrapresa dalla Lega Calcio vista la dura presa di posizione della stessa, contro la Superlega, che a detta della Figc andava contro a tutti i principi dello sport. Non era forse lo stesso presidente Gravina a definirla come un progetto maldestro che attentava ai sani valori dello sport? È tutto molto divertente visto che parliamo esattamente della stessa cosa.

La nuova Coppa Italia, una Superlega in sedicesimo

La domanda da farci è però un’altra: qual è la vera differenza tra il caso Superlega e questa nuova struttura pemsata per la Coppa Italia? In realtà nessuna. Essa non va a ledere gli interessi dei “protettori” del calcio popolare, parliamo ovviamente dei due organi che controllano il calcio: Fifa e Uefa. Non interessa a nessuno se per esempio il Licata calcio non avrà più diritto a partecipare in una competizione in cui fa parte anche la Juventus, il Milan e l’Inter. Non si grida certo allo scandalo per una cosa del genere.

Scordatevi quindi l’impresa del Bari, proveniente che dall’allora serie C che arrivò in finale di Coppa Italia nel 1984 contro la Roma a sua volta finalista in Coppa dei campioni. Scordatevi le più recenti imprese come quelle dell’Alessandria in semifincale con il Milan e del Pordenone che arrivò addirittura ai rigori contro l’Inter. Niente più meritocrazia sportiva, niente di più abominevole.

Ed è infine giusto tapparsi la bocca quando non si toccano gli interessi dei noti organi “legali”, quali sono Fifa e Uefa? Ed è giusto invece gridare alla morte del calcio quando in ballo ci sono solo interessi che poco c’entrano con lo sport? Ovviamente no, la realtà è ben diversa. Il calcio è morto, sì. Ma già da parecchio tempo.

Eugenio Taliento

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati