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Cape Canaveral, 13 lug – Ci siamo: martedì 14 luglio 2015 la sonda New Horizons, lanciata nove anni fa – era 19 gennaio 2006 – dalla Nasa sfiorerà Plutone, il più piccolo e più lontano pianeta del sistema solare.
Sfrecciando a circa 50mila km all’ora, quando in Italia saranno le ore 13:49 del 14 luglio, la sonda passerà ad appena 12.500 km dal “pianeta nano”, roccioso, accoppiato col suo principale satellite Caronte (in tutto sono cinque le sue “Lune”) ancora più piccolo ma non di molto rispetto a Plutone, per studiarne l’atmosfera e il suolo. E chiarire, sperabilmente, il significato delle bande chiare e scure – queste ultime collocate prevalentemente lungo l’equatore – rilevate sulla superficie del quel lontanissimo piccolo mondo.
Dopo oltre nove anni, si diceva, e quasi cinque miliardi di km macinati nello spazio, per lo più “in silenzio” per risparmiare carburante, dato che la radiazione solare a quasi sei miliardi di km dalla nostra stella è insignificante (per confronto, la Terra si trova ad “appena” 150 milioni di km dal Sole), New Horizons si sta automaticamente riattivando e invierà a Terra le immagini e le analisi dei suoi sensori. Con quattro ore e mezzo di ritardo, tanto impiega la luce, quindi le radiazioni elettromagnetiche che costituiscono i segnali strumentali, a percorrere l’enorme distanza tra la sonda e i ricevitori a Terra.
“Dopo aver viaggiato per nove anni e mezzo, dobbiamo sapere tutto di Plutone entro 100 secondi”, afferma il direttore del progetto Glen Fountain, della Nasa, mentre John Spencer, ricercatore del Southwest Research Institute, non sta nella pelle: “Abbiamo visto queste stranissime caratteristiche bianche e nere. Non abbiamo idea, finora, di cosa possano significare”.
Questa è la scienza: dieci anni di lavoro per raccoglierne i frutti in un attimo fuggente lungo poco più di un minuto.
Di Plutone sappiamo comunque una caratteristica fondamentale, che completa un quadro sorprendente e tuttora misterioso, di cui si è già discusso su queste colonne: l’energia cinetica di un pianeta associata alla rotazione intorno al proprio asse, per tutti i pianeti del sistema solare abbastanza lontani dal Sole – dalla Terra verso l’esterno e quindi incluso Plutone (insieme alla sua luna Caronte) – è accuratamente proporzionale al quadrato della rispettiva massa, indipendentemente dalla distanza dal Sole e dalle dimensioni del pianeta stesso (un pianeta gassoso come Giove è mediamente molto meno denso di un pianeta roccioso come la Terra). Ancora più sorprendente è il fatto che l’unico pianeta extrasolare di cui si conosca la rotazione intorno al proprio asse, beta Pictoris b, segue la stessa legge matematica, suggerendo che si tratta di un fenomeno universale la cui definitiva conferma potrà arrivare allorché si sarà in grado di misurare o stimare la velocità di rotazione intorno al proprio asse anche di altri esopianeti appartenenti ad alti sistemi solari.
In attesa dello storico passaggio, è possibile vedere un bellissimo video diffuso dalla rivista Nature, mentre per la diretta è consigliato seguire l’account @NasaNewHorizons su Twitter.
Francesco Meneguzzo
Cape Canaveral, 13 lug – Ci siamo: martedì 14 luglio 2015 la sonda New Horizons, lanciata nove anni fa – era 19 gennaio 2006 – dalla Nasa sfiorerà Plutone, il più piccolo e più lontano pianeta del sistema solare.
Sfrecciando a circa 50mila km all’ora, quando in Italia saranno le ore 13:49 del 14 luglio, la sonda passerà ad appena 12.500 km dal “pianeta nano”, roccioso, accoppiato col suo principale satellite Caronte (in tutto sono cinque le sue “Lune”) ancora più piccolo ma non di molto rispetto a Plutone, per studiarne l’atmosfera e il suolo. E chiarire, sperabilmente, il significato delle bande chiare e scure – queste ultime collocate prevalentemente lungo l’equatore – rilevate sulla superficie del quel lontanissimo piccolo mondo.
Dopo oltre nove anni, si diceva, e quasi cinque miliardi di km macinati nello spazio, per lo più “in silenzio” per risparmiare carburante, dato che la radiazione solare a quasi sei miliardi di km dalla nostra stella è insignificante (per confronto, la Terra si trova ad “appena” 150 milioni di km dal Sole), New Horizons si sta automaticamente riattivando e invierà a Terra le immagini e le analisi dei suoi sensori. Con quattro ore e mezzo di ritardo, tanto impiega la luce, quindi le radiazioni elettromagnetiche che costituiscono i segnali strumentali, a percorrere l’enorme distanza tra la sonda e i ricevitori a Terra.
“Dopo aver viaggiato per nove anni e mezzo, dobbiamo sapere tutto di Plutone entro 100 secondi”, afferma il direttore del progetto Glen Fountain, della Nasa, mentre John Spencer, ricercatore del Southwest Research Institute, non sta nella pelle: “Abbiamo visto queste stranissime caratteristiche bianche e nere. Non abbiamo idea, finora, di cosa possano significare”.
Questa è la scienza: dieci anni di lavoro per raccoglierne i frutti in un attimo fuggente lungo poco più di un minuto.
Di Plutone sappiamo comunque una caratteristica fondamentale, che completa un quadro sorprendente e tuttora misterioso, di cui si è già discusso su queste colonne: l’energia cinetica di un pianeta associata alla rotazione intorno al proprio asse, per tutti i pianeti del sistema solare abbastanza lontani dal Sole – dalla Terra verso l’esterno e quindi incluso Plutone (insieme alla sua luna Caronte) – è accuratamente proporzionale al quadrato della rispettiva massa, indipendentemente dalla distanza dal Sole e dalle dimensioni del pianeta stesso (un pianeta gassoso come Giove è mediamente molto meno denso di un pianeta roccioso come la Terra). Ancora più sorprendente è il fatto che l’unico pianeta extrasolare di cui si conosca la rotazione intorno al proprio asse, beta Pictoris b, segue la stessa legge matematica, suggerendo che si tratta di un fenomeno universale la cui definitiva conferma potrà arrivare allorché si sarà in grado di misurare o stimare la velocità di rotazione intorno al proprio asse anche di altri esopianeti appartenenti ad alti sistemi solari.
In attesa dello storico passaggio, è possibile vedere un bellissimo video diffuso dalla rivista Nature, mentre per la diretta è consigliato seguire l’account @NasaNewHorizons su Twitter.
Francesco Meneguzzo