Roma, 5 dic – L’energia ottenuta dalla fusione nucleare fa gola a molti: Eni è stata tra le prime società energetica a credere ed ad investire in questa tecnologia e lo ha dimostrato anche di recente. Lo scorso primo dicembre il gruppo di San Donato Milanese annunciava “di avere preso parte al recente round funding di CFS (Commonwealth Fusion Systems), la società spin-out del Massachusetts Institute of Technology, di cui Eni è già il maggiore azionista”. Per essere più chiari, Eni sta investendo per raggiungere il traguardo della commercializzazione dell’energia nucleare da fusione a confinamento magnetico. Per capire come questo possa avvenire è necessario approfondire la questione.
La fusione nucleare a confinamento magnetico
La fusione magnetica è un processo opposto rispetto alla fissione nucleare, ovvero alla forma di energia atomica diffusa oggi nel mondo. Tanti sono gli inconvenienti nella fissione ad esempio le scorie e il rischio di incidenti. Nella fusione le cose vanno diversamente. Vediamo perché. Tecnicamente gli isotopi dell’idrogeno come trizio e deuterio vengono riscaldati fino a 100 milioni di gradi, e raggiungono uno stato del plasma nel quale possono fondersi in un nucleo di elio, rilasciando una grandissima quantità di energia, superiore a quella della fissione. Il grande vantaggio è che non emette gas a effetto serra né sostanze fortemente inquinanti o altamente radioattive, rendendola una fonte energetica estremamente interessante. Inoltre, è virtualmente inesauribile perché utilizza come combustibile una miscela di elementi molto facili da ottenere: il deuterio è ricavato dall’acqua di mare, mentre il trizio può essere prodotto da una reazione fisica con il litio.
La difficile sperimentazione
Tuttavia, bisogna dire che esistono alcune difficoltà che finora sembravano insormontabili. Il fenomeno appena descritto difficilmente si può riprodurre sulla terra perché richiede di portare gli isotopi di idrogeno a temperature elevatissime: oltre 100 milioni di gradi. A quelle temperature, infatti, gli isotopi di idrogeno perdono gli elettroni trasformandosi in plasma e i loro nuclei possono fondersi per liberare la loro energia. Per arrivare a controllare la continuità della fusione in un impianto per la produzione di energia si sta studiando la tecnologia del confinamento magnetico che, come dice il nome, impiega campi magnetici potentissimi per gestire il plasma in cui avviene la fusione.
La strada da fare è ancora lunga, ma i primi esperimenti ci fanno ben sperare. A settembre Cfs è stata protagonista di un passo fondamentale verso il traguardo. Si è riusciti a ricreare artificialmente superconduttori capaci di confinare il plasma incandescente nel reattore. Ora però bisogna dimostrare l’utilità economica di questa forma di energia. È necessario mettere su un prototipo di una piccola centrale a fusione. Secondo i più ottimisti l’obbiettivo potrebbe essere raggiunto nel 2025. Se le cose andassero così si aprirebbero nuove prospettive. L’energia prodotta dal processo di fusione è virtualmente infinita. Basti pensare che un grammo di combustibile per la fusione contiene l’energia equivalente a quella di oltre 60 barili di petrolio, senza che questo comporti il rilascio di gas serra.
Il vantaggio di Eni nella fusione nucleare
Come abbiamo detto all’inizio il Cane a sei zampe non è solo in quest’avventura. Il Cfs ha raccolto 1,8 miliardi di dollari. Al momento quello di Commonwealth Fusion Systems è stato il più grande accordo di finanziamento nell’industria della fusione nucleare. Presto spunteranno iniziative parallele.
Sarà difficile, però, che la multinazionale italiana si faccia battere da altri concorrenti stranieri. Se poi la realizzazione del prototipo sopracitato dovesse dare dei buoni risultati, l’Italia potrebbe essere la candidata ideale per costruire la prima filiera alimentata da questo tipo di energia.
Salvatore Recupero
3 comments
…dubito…Dopo “l’accordo del quiorinare” ė molto probabile che i franciosi scippano l’idea e tutto il resto..con la benedizione del pd.. di draculetto e compagnucci vari…
È triste vedere che si proponga ancora il paradigma “concorrenza” per progetti del genere quando ci sono progetti internazionali sulla fusione.
Questo paradigma va superato se vogliamo affrontare le sfide di oggi che si configurano non più a livello nazionale ma sul piano globale
Prendiamo il lato positivo ossia che ci sia un interesse del nostro paese su questa tecnologia.
belinate….
ad una VERA fusione nucleare redditizia siamo più lontani della luna.
si lavora su plasma a temperature nell’ordine di milioni di gradi,
cercando di confinarlo dentro una sorta di “ciambella” elettromagnetica
in modo che non tocchi le pareti del reattore,facendole EVAPORARE prima ancora che sciogliere:
posto che già confinare non è affatto semplice,visto che si tratta più o meno di cercare di avvolgere del miele fluido che tende ad esplodere con degli elastici,garantendo però sia una via di accesso per inserire il combustibile,sia una via di sfruttamento della temperatura,per generare vapore ad alta pressione – per produrre quindi energia elettrica –
il tutto tenendo sospeso il plasma nel vuoto e impedendo che vada a toccare da qualsiasi parte l’interno del reattore.
posto tutto questo,dicevo….
non ho ancora trovato da nessuna parte una spiegazione di COME intendono impedire il trasferimento termico dal plasma alle pareti:
si tratta di plasma a milioni di gradi,e quindi emette TANTO calore tramite raggi infrarossi.
gli stessi che arrivano dal sole,e che si fanno centocinquanta milioni di chilometri nel vuoto intermplanetario prima di arrivare sullla terra a scaldarci.
peccato che le temperature del plasma sono PIU’ alte di quelle solari…
e immensamente più vicine:
pochi metri,contro 150 milioni di chilometri.
ora…non credo proprio che il confinamento elettromagnetico riesca a impedire anche il passaggio dei raggi infrarossi,
quindi in che modo pensano di impedire la liquefazione delle pareti del reattore?
perchè hai voglia a raffreddarle….
qualsiasi circuito di raffreddamento si inventino NON può andare
oltre i limiti di trasferimento termico del materiale di cui sarà composta la parete: e se l’impianto è in grado di trasferire fuori dalla parete mille gradi al minuto
mentre la temperatura sale di diecimila nello stesso periodo,
è evidente che la cosa va avanti molto poco prima di andare in vacca.
perchè un conto è accendere la reazione a fusione per qualche minuto…
in esperimenti scentifici controllati per verificare la fattibilità della teoria:
ma è ben altra cosa pensare di fare una centrale a fusione per uso reale,che dovrà funzionare per decine di anni,prima di ritornare gli investimenti fatti…
quindi mi sa che questi annunci sono SOLO fumo negli occhi:
e che se proprio vogliono affrancarsi dai combustibili fossili
dovranno impegnarsi per le centrali a fissione di terza e quarta generazione…
o meglio ancora,le centrali a fissione di torio.