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La Strage di Gorla: 78 anni di oblio

by Salvatore Recupero
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Riproponiamo questo articolo in occasione del 78esimo anniversario dalla Strage di Gorla

Milano, 20 ott – Era proprio una bella giornata il 20 ottobre a Milano nel 1944. Il cielo privo di nubi o foschie.  Alle otto squillava la campanella. Tutti in classe. Ma sarebbe stata l’ultima volta per gli alunni della Scuola Elementare Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano. Alle undici e ventiquattro un ordigno di 500 chilogrammi di esplosivo uccideva 194 bambini con età compresa tra i 6 e gli 11 anni, la Direttrice, 14 insegnanti, 4 bidelli e un’assistente sanitaria da aggiungersi agli altri 518 morti di quel bombardamento. Una storia come tante, ci hanno detto. Ma non è così. Già, anche se eravamo nel pieno della seconda guerra mondiale, quella mattina nessuno si aspettava questa tragedia. Vediamo perché.

Gli aerei angloamericani B24 “Liberator” erano in missione per bombardare le officine Breda e la stazione ferroviaria di Greco in prossimità di Milano. Ma non riuscendo a colpire l’obiettivo, pensarono bene di liberarsi del loro mortale fardello sul quartiere Gorla di Milano. I bombardieri pur di non sprecare quel ben di Dio che gli era stato affidato hanno pensato di regalarlo ai milanesi. Potevano lanciare le bombe nell’Adriatico tornando nella base di Foggia da cui erano partiti. Ma, così avrebbero compromesso l’equilibrio della fauna acquatica. Un giornalista de “La Repubblica Fascista” ha descritto quel giorno come pochi hanno saputo fare: “La bomba ha attraversato i tre piani della scuola ed è scoppiata all’altezza del livello stradale provocando il crollo dell’edificio dando luogo alla terribile sepoltura di centinaia di bimbi. Gli scolari avevano lasciato le aule e si affollavano verso il cantinato. Unitamente ai bambini sono rimasti travolti e sepolti gli insegnanti – oltre una decina – compresa la direttrice didattica Castelnuovo. Incolume, per miracolo, la segretaria e, perché momentaneamente assente, il bidello. Morti quasi tutti gli altri. Ora il terreno è cosparso di oggetti scolastici che nulla recano in se a ricordare gli ordigni micidiali della guerra. Le salme affiorano lentamente. Tenere braccia bianche rivolte verso il cielo, confuse fra brani di libro e fogli di quaderno, piccoli caduti di una guerra combattuta con mostruosa malvagità. Innocenza colpita alle spalle come nelle storie paurose dei maghi che si raccontano ai bambini per insegnare loro ad odiare gli uomini cattivi. Piazza Redipuglia è ormai un centro macabro di dolore e di lacrime. Tutto all’interno, dove prima i fanciulli correvano festanti, appare divelto, frantumato, intriso di fango”.

Una strage derubricata come una svista dei nostri liberatori. E se invece il bombardamento non fosse un errore ma una strategia studiata con cura? È chiaro che i bombardamenti non erano finalizzati ad obiettivi militari ma a sfiancare la popolazione civile. Ogni italiano così sarebbe stato disposto ad accettare una resa incondizionata pur di uscire da quell’inferno. La storiografia ufficiale, però, non si commuove davanti alle sviolinate revisioniste e passa al contrattacco. Tutto è lecito quando si tratta di liberare uno Stato dalla dittatura. Niente scrupoli. Le bombe sui bambini? Solo piccoli effetti collaterali di un farmaco salvavita. Un po’ come curarsi con l’antibiotico. Certo, possiamo avere qualche problema allo stomaco. Ma dopo tre giorni resuscitiamo.

Quindi oggi dobbiamo recarci all’Ambasciata degli Usa per ringraziarli per i loro gentili omaggi? Certo, sono i nostri alleati. Ogni anno celebriamo in pompa magna coloro che sono caduti per regalaci la democrazia. Per noi, la cocente sconfitta della seconda guerra mondiale fu una liberazione. Quindi bisogna festeggiare. Eppure in questo ragionamento qualcosa non quadra. Intanto gli angloamericani non vollero mai essere nostri alleati ma al massimo cobelligeranti. Finite le ostilità l’Italia sedeva tra gli sconfitti. Ad oggi dopo settanta lunghi anni abbiamo sul nostro territorio ben 113 basi americane. Si fidano molto di noi e ce lo dimostrano.

In conclusione, nonostante l’evidenza, quei bambini sono morti per colpa di Mussolini. Le manie di grandezza del duce ci hanno portato alla rovina. Addirittura, quel Puzzone aveva pensato di renderci una Nazione sovrana! Per questo ha costretto a indossare la divisa a coloro che erano abituati a portare la maglia di lana.  Menomale che ci fu chi prese la via delle montagne per darci finalmente la nostra libertà. Al contrario di quelle madri collaborazioniste che durante la guerra di liberazione avevano l’ardire di portare i loro bambini a scuola. Dunque, furono bombe salutari. Quanto tritolo per svegliare gli italiani dal loro torpore.

E grazie a certi episodi, oggi, con orgoglio rivendichiamo la nostra sovranità militare economica e politica. Dopo settanta anni, il 20 ottobre è e rimane un giorno di ordinaria e democraticissima follia.

Salvatore Recupero

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