Roma, 2 feb – Acquisto e alienazione di schiavi? C’è spazio anche per questo nell’Italia sempre più multietnica dei giorni nostri. Quella che pare una storia di altri tempi, o sarebbe meglio scrivere di altre latitudini, trova drammatica conferma nella Relazione al Parlamento sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, presentata dal Ministero dell’Interno e relativa al 2017.
Tra gli scenari più inquietanti del documento c’è proprio il capitolo dedicato alla schiavitù, traffico di essere umani e immigrazione clandestina. “Il massiccio esodo di consistenti masse di popolazione – si legge – ha negli anni destato l’interesse delle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta degli esseri umani attraverso network ramificati e flessibili, tanto nei Paesi di origine e transito quanto sul territorio nazionale. Tali sodalizi, a spiccata vocazione multinazionale, controllano circuiti criminali che presentano caratteristiche differenziali in relazione alle diverse rotte. Tra i network più attivi lungo la direttrice africana si segnalano quelli somali e quelli nigeriani, in grado di gestire il trasferimento sia in autonomia che in collaborazione con altri gruppi africani, anche ricorrendo a pratiche corruttive o collusive. Tra le reti che gestiscono i flussi di migranti nel Mediterraneo orientale si menzionano quelle pachistane ed afghane, particolarmente competitive grazie all’acquisita capacità di falsificazione e contraffazione documentale e nella gestione dei circuiti finanziari alternativi a quelli bancari”.
Le rotte più battute dai trafficanti sono quelle che attraversano il canale di Sicilia. Con i criminali che non si preoccupano di aggirare i controlli delle navi militari impiegate ma, anzi, cercano di sollecitare il loro intervento con richieste di soccorso in mare lanciate da telefoni satellitari. La Relazione mette nero su bianco come la tratta di essere umani sia “un rischio per la sicurezza nazionale e internazionale in quanto costituisce una delle fonti di reddito più significative per il crimine organizzato transnazionale”. E senza considerare il pericolo legato allo sfruttamento possibile e potenziale, in futuro, delle numerose situazioni di disagio e di mancata integrazione che potrebbero interessare una parte dei migranti. Compresa l’eventuale radicalizzazione.
Immigrati clandestini come schiavi
Il tutto mentre le gerarchie cattoliche, per ultimo l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, parlano della necessità di farsi contaminare dai flussi, benedicendo l’arrivo dei barconi. Accanto all’immigrazione clandestina, ecco anche la vera e propria tratta. “Il clandestino – si spiega – gravato dal debito contratto con l’organizzazione criminale che ha finanziato il trasporto, subisce, proprio alla fine del viaggio, forme potenzialmente illimitate di sfruttamento (come la riduzione o il mantenimento in schiavitù o servitù, la tratta di persone, l’acquisto e l’alienazione di schiavi)”. Già, schiavi: avete letto bene. Nel 2017 sono stati 198 i casi di persone denunciate e/o arrestate per riduzione o mantenimento in schiavitù, sostanzialmente stabili rispetto al 2016. A crescere, e non poco percentualmente parlando, sono le segnalazioni per tratta delle persone che passano da 127 a 186 e di acquisto e di alienazione di schiavi, che da 19 schizzano a 82.
Qualcosa di sconvolgente. E non è finita: nell’ultimo quinquennio, i tre reati – puniti dagli articoli 600, 601 e 602 del Codice Penale – hanno generato complessivamente 1872 denunce e/o arresti. “In ordine all’anno 2017 – prosegue la Relazione – si rileva, in particolare, un consistente innalzamento del numero di soggetti deferiti per la tratta di persone (peraltro in progressivo aumento nel corso del quinquennio) e per l’acquisto e alienazione di schiavi (illecito che, negli anni precedenti, risultava residuale). Mentre i segnalati per riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, pur essendo ancora più numerosi di quelli dei delitti citati, rispetto al precedente anno (quando si erano connotati per una diminuzione), appaiono sostanzialmente stabili”.
Chi compra e chi vende? Lo spiega sempre la Relazione del ministero: nel periodo 2013-2017, c’è una chiara prevalenza dei nigeriani (con 629 segnalazioni), le cui attività criminali sono in decisa espansione in tutti i campi, seguiti dai romeni (461), dagli italiani (294) e dagli albanesi (179). Meno frequenti, ma non per questo trascurabili, le segnalazioni a carico di soggetti bulgari (59), serbo-montenegrini, marocchini e residualmente bosniaci, pakistani, ghanesi e cinesi.
Fabrizio Vincenti
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