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Pil e immigrazione: altro che risorsa…

by Francesco Meneguzzo
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FM-08032015-figura_1Roma, 8 mar – Con una coscia di pollo a disposizione una persona può sfamarsi, ma due persone si alzeranno con la fame. Banale, vero?

Eppure questa semplice considerazione, traslata sulla fredda economia, porta a vedere le cose in un altro modo rispetto ai comunicati ufficiali. Ci è stato sufficiente, infatti, incrociare i dati sul prodotto interno lordo (Pil) con quelli demografici per ottenere un quadro perfino peggiore rispetto a quello dichiarato.

Sappiamo che il Pil del 2014 è diminuito dello 0,4% rispetto all’anno precedente, e perfino si canta vittoria per qualche segnale che farebbe sperare in una timidissima ripresa nel primo trimestre dell’anno in corso (+0,1%), cosa  che per inciso è perfettamente possibile in base ai primi dati sui consumi energetici. Non è questo, tuttavia, il punto.

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Popolazione residente in Italia: italiani e stranieri

La popolazione residente in Italia è aumentata, dal 1999 a oggi, di circa 3,8 milioni di persone, pari al 6,7%, però esclusivamente a causa dell’immigrazione. Gli italiani, infatti, sono calati di quasi 450 mila unità, in massima parte per i saldi negativi tra natalità e mortalità, mentre gli stranieri residenti, almeno quelli censiti, sono aumentati di quasi 4,3 milioni di unità, attestandosi ormai a oltre l’8% della popolazione residente, contro poco più del 1% nel 1999.

Nel frattempo, il Pil complessivo nazionale è aumentato meno del 2,5%, ma soprattutto ha perso quasi il 9% dal massimo del 2007 al 2014, riportandosi in pratica al livello dell’anno 2000.

E qui viene il bello: considerando il Pil pro-capite, cioè la ricchezza prodotta per unità residente in Italia, proprio a causa dell’aumento della popolazione questo è diminuito del 4% dal 1999, e letteralmente crollato del 12% dal massimo del 2007, riportando la ricchezza per abitante ai livelli della prima metà degli anni ’90 del secolo scorso, se non ancora precedente.

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Pil complessivo e Pil pro-capite

Osservando il grafico, dove si è assunto il valore 100 nel 1999 sia per il Pil che per il Pil pro-capite, emerge infatti che questo ultimo parametro è aumentato, dal 1999 al 2007, molto meno rispetto al Pil, mentre successivamente è diminuito molto di più, con la distanza tra le due curve in continuo aumento.

È utile considerare anche che – essendo il Pil sostanzialmente proporzionale anche alle entrate fiscali – il Pil pro-capite rappresenta una misura della capacità di spesa dello Stato per ciascuno dei propri cittadini, per esempio in assistenza sanitaria, formazione scolastica, e tutti gli altri servizi pubblici.

Cosa concludere da questo quadro sconfortante? Che l’immigrazione che è stata decisa per il nostro paese, oltre che rappresentare di fatto, tendenzialmente, una sostituzione di popolo (già a questo ritmo la popolazione di origine straniera conterà tra 15 e 20 milioni di unità al 2050), non solo non ha portato ricchezza, ma ha determinato, in un contesto già molto difficile, un ulteriore pesante peggioramento delle condizioni di vita degli italiani.

Se a tutto questo aggiungiamo quanto abbiamo documentato in questi ultimi mesi in merito, per esempio, all’incidenza dell’immigrazione sugli incidenti stradali e sui furti nelle abitazioni, si definisce un quadro oggettivamente catastrofico delle politiche sulla immigrazione che i governi di sinistra hanno condotto fin dalla fine del secolo scorso e, incredibilmente con ancora maggiore convinzione, gli ultimi tre esecutivi nominati e non eletti.

Francesco Meneguzzo

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