Roma, 27 mar – I dati sulle richieste di asilo in Italia del 2017 sono noti e pubblicati sul sito istituzionale del Ministero dell’Interno: solo l’8% dei richiedenti sono rifugiati, mentre l’8% ricevono la protezione sussidiaria e ben il 25% (in forte crescita rispetto al 2016) la protezione umanitaria.
Il 58% dei richiedenti asilo invece ottiene il “foglio di espulsione” dall’Italia, ma come ben sappiamo per la presunta indisponibilità di accordi con i Paesi di origine spesso rimango liberi di circolare sul territorio italiano, finendo spesso nelle mani della criminalità (ricordiamo la mafia nigeriana della prostituzione e della droga) o del caporalato agricolo. Inoltre nel 2017, ci sono stati 37.783 immigrati sbarcati nei porti italiani (ovviamente i dati non comprendono gli immigrati arrivati grazie agli “sbarchi fantasma” dalla Tunisia), ovvero il 32% del totale, che non hanno neppure presentato la richiesta di asilo. Quindi, nel solo 2017, gli immigrati irregolari, senza documenti e senza nessun diritto di rimanere nel nostro Paese sono 84.775.
Dall’inizio del flusso migratorio dalla Libia, la stima ottimistica degli irregolari presenti in Italia si aggira sulle 600.000 persone, ovvero l’intera popolazione di Genova. Una vera emergenza per la tenuta della sicurezza pubblica del nostro Paese. Per capire il motivo di una percentuale di diniego alla protezione internazionale così elevata, basta guardare le nazionalità dichiarate dei migranti arrivati in Italia.
Ad esempio, la cittadinanza più numerosa è quella nigeriana (25.964 migranti). Il Paese è la prima economia dell’Africa per PIL totale e non sono presenti conflitti al suo interno; solo nel nord, nei villaggi per precisione, sono riscontrati attentati terroristici degli jihadisti di Boko Haram. La maggioranza però dei nigeriani arrivati in Italia sono del sud-est del Paese, esattamente della zona di Benin City, fatto facilmente riscontrabile dal dialetto parlato.
Dopo la Nigeria, i Paesi di origine degli immigrati più presenti negli sbarchi dalla Libia sono il Bangladesh e il Pakistan. I primi stati con reali problemi di instabilità e conflitti sono il Mali (ottava posizione con 7.757 migranti), la Siria (dodicesima posizione con soli 2.270 richiedenti asilo) e la Somalia (tredicesima posizione con 2.055). I dati sulle nazionalità dei richiedenti asilo fanno ben capire che sulle coste italiane, grazie alla rotta libica, sbarcano in maggioranza quelli che il politicamente corretto chiama “migranti economici”, che rimarranno poi imbottigliati in Italia con scarsa possibilità di venire rimpatriati.
Infatti, nel 2017, solo 6.340 migranti sono stati rimpatriati mentre nel 2016 ancora meno, 5.300. La IOM Libya è riuscita a rimpatriare più di 15 mila migranti in Libia in soli 3 mesi, grazie al programma “Assisted Voluntary Return and Reintegration”, in accordo con l’Unione Africana e con il supporto dell’Unione Europea.
Perché non avviare il medesimo programma anche in Italia?
E con i ricollocamenti in Europa non va certamente meglio: sono stati ricollocati solo 11.464 richiedenti asilo (dicembre 2017) mentre 698 erano in corso di trasferimento. Ovviamente, i ricollocamenti riguardano “solo persone in evidente necessità di protezione internazionale, appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione sia pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat”. Quindi una percentuale esigua dei migranti arrivati nei porti italiani.
Approfondiamo ora il tema a proposito dei tre tipi di protezione concessi dalle Commissioni Territoriali italiane e dell’anomalia tutta italiana della protezione umanitaria.
La protezione internazionale è sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 allo scopo di dare “una condizione giuridica più stabile a quegli stranieri o apolidi che restavano sfollati o fuggitivi perché temevano di rientrare in patria dopo gli sconvolgimenti politici, etnici e territoriali successivi alla Seconda Guerra Mondiale”. La Convenzione sancisce due tipi di status: lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria.
Lo status di rifugiato rientra nel concetto stesso di protezione internazionale sancito dalla Convenzione di Ginevra, mentre lo status di protezione sussidiaria è riconosciuto al cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno (ad esempio una condanna a morte).
Quindi, secondo la Convenzione di Ginevra, solo il 16% dei richiedenti asilo in Italia avrebbero diritto alla protezione internazionale (l’8% status di rifugiato più l’8% status di protezione sussidiaria).
E quel 25% di richiedenti asilo a cui è stata concessa la protezione umanitaria?
Questa è un’anomalia tutta italiana: gli altri Paesi europei vi ricorrono solo in forma residuale e irrilevante in termini percentuali.
La stessa ASGI, associazione prettamente immigrazionista finanziata da George Soros, descrive così l’istituto italiano della protezione umanitaria: “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è un titolo di soggiorno previsto dall’ordinamento giuridico italiano con una norma di portata generale, posta a chiusura del sistema complessivo che disciplina l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio italiano. A differenza della protezione internazionale è un istituto che non ha un proprio esplicito fondamento nell’obbligo di adeguamento a norme internazionali o dell’Unione europea, seppur dia attuazione anche ad obblighi internazionali, ma che in ogni caso è rintracciabile, seppur con differenti specificità, negli ordinamenti interni di taluni altri Stati membri. Con l’obiettivo di dare tutela delle situazioni concrete che non trovano compiuta corrispondenza in quelle astratte previste dal Testo Unico dell’Immigrazione, il Legislatore ha ritenuto utile inserire questa clausola di salvaguardia, utilizzabile qualora ricorrano situazioni meritevoli di tutela per seri motivi umanitari, o che impongono la necessità di adeguare la disciplina ordinaria a previsioni costituzionali o internazionali con particolare riguardo per quelle rilevanti in materia di diritti dell’uomo”.
L’istituto della protezione umanitaria è contenuto nel “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” del Decreto Legislativo 25 luglio 1998. L’allora maggioranza era appartenente al centro sinistra e il Premier era Romano Prodi. Non male per un Governo rimasto in carica solo 2 anni.
La protezione umanitaria viene rilasciata dal Questore a seguito di raccomandazione della Commissione Territoriale in caso di diniego in prima istanza di giudizio, ha una durata di 2 anni, è rinnovabile, e può essere convertita in permesso di soggiorno per lavoro. Un vero salvacondotto per molti dei cosiddetti migranti economici.
Ricapitolando: il 25% dei richiedenti asilo sbarcati in Italia ha ottenuto la protezione umanitaria dalle varie Commissioni Territoriali. Lo stesso 25% negli altri Paesi dell’Unione Europea avrebbe ottenuto un diniego e quindi un foglio di via. Rimpatri definiti impossibili, ricollocamenti in Europa quasi inesistenti e l’assoluta generosità tutta italiana nella concessione della protezione umanitaria. Paradossi italici.
Francesca Totolo
6 comments
L’ immigrazione è pianificata dal sionista Soros e suoi complici per distruggere la nazione italiana cattolica con futuri scontri religiosi dato che molti immigrati sono musulmani e diversi sono terroristi.Inoltre mischiando la popolazione si avrà una perdita di identità nazionale ed un definitivo asservimento del territorio ai globalist usurai; non ci sarà piu’ un popolo compatto e unito da una cultura comune a fare da argine ed a reclamare indietro quanto sotratto tramite le svendite a 2 lire del patrimonio pubblico con l’aiuto dei traditori locali.Pensate che nel 1992 abbiamo venduto a stranieri le 2 principali banche pubbliche che detenevano la maggioranza della proprietà di Banca d’Italia (privatizzata quibdi anche essa). Cioè gli abbiamo venduto la stampante dei soldi sulla cui produzione non dovevamo interessi a nessun privato mentre oggi accattoniamo euro da una BCE privata!
Ottimo sunto.
[…] Francesca Totolo – Il Primato Nazionale […]
Scusate, ancora non si capisce un semplice principio: a mali estremi, estremi rimedi!!
Che tradotto nella pratica significa istituire in Italia dei Centri di Rimpatrio Forzato Celere dove mettere tutti i 600mila irregolari e un pò alla volta ma in tempi rapidi rispedirli per sempre in Africa o in Medio Oriente a seconda dei casi anche se non ci sono convenzioni a riguardo con il particolare paese africano o mediorientale di provenienza.
Ad esempio gli africani irregolari si schedano in questi centri italiani da cima a fondo come si deve e poi con navi militari italiane si inviano in un posto della Libia ( previo accordo per la costruzione di un centro organizzativo in loco di natura temporanea ) e da lì gli si paga il biglietto ferroviario e/o aereo per ritornare nel proprio paese africano che sia Senegal, Nigeria, Ghana, Costa D’Avorio e via dicendo.
Inoltre si fa una legge che se beccati di nuovo in Italia come irregolari si fanno cinque anni di galera in isolamento, se beccati di nuovo per la seconda volta si faranno dieci anni in isolamento e così via.
Stessa identica procedura, con stesse identiche penali nei casi di recidiva, per coloro che non provengono dall’Africa ma dal Medio Oriente o in posti limitrofi all’India ( Pakistan e Bengladesh ) la sola differrnza è che la costruzione di un centro organizzativo per i rimpatri finali saranno costuiti in un punto del Medio Oriente e in un punto nelle vicinanze del Pakistan e del Bengladesh, ad esempio in India.
Nello stesso tempo, fare tutto il necessario e il possibile per adottare al più presto il modello australiano di gestione dell’immigrazione, eccolo:
https://www.analisidifesa.it/2018/06/no-way-il-modello-vincente-australiano-contro-limmigrazione-illegale/
Insomma, se si fa davvero il pugno duro e si adottano misure draconiane perchè ripeto a mali estremi ci vogliono estremi rimedi il problema dell’immigrazione irregolare verrà risolto definitivamente e in tempi più che accettabili!!
E allora le vere domande sono:
Cui Prodest non fare il pugno duro una volta per sempre visto che la situazione è diventata ingestibile da tutti i punti di vista?
Conviene al M5S così poi si potranno giocare la carta di una futura alleanza con gli immigrazionisti del PD?
Conviene anche alla Lega non fare il pugno duro definitivamente perché così l’emergenza immigrazione continuerà quando questo governo M5S- Lega cadrà e così loro ( quelli della Lega ) potranno comunque ancora capitalizzare sul voto di protesta per gli enormi problemi irrisolti dell’emergenza immigrazione?
O che altro?
Cordiali saluti.
Fabrice
Integrazione.
“Inoltre si fa una legge che se beccati di nuovo in Italia come irregolari si fanno cinque anni di galera in isolamento, se beccati di nuovo per la seconda volta si faranno dieci anni in isolamento e così via.”, Fabrice
Dimenticavo di dire che ovviamente dopo aver scontato la pena detentiva sempre per la sua durata totale e allora vanno di nuovo rimpatriati con le stesse identiche modalità di cui sopra, anzi i recidivi scontata la pena detentiva nelle patrie galere dovranno essere rimpatriati per primi e nel modo più celere possibile.
Saluti.
Fabrice
[…] Dall’inizio del flusso migratorio dalla Libia, la stima ottimistica degli irregolari presenti in Italia si aggira sulle 600.000 persone, ovvero l’intera popolazione di Genova. Una vera emergenza per la tenuta della sicurezza pubblica del nostro Paese. Per capire il motivo di una percentuale di diniego alla protezione internazionale così elevata, basta guardare le nazionalità dichiarate dei migranti arrivati in Italia. Ad esempio, la cittadinanza più numerosa è quella nigeriana (25.964 migranti). Il Paese è la prima economia dell’Africa per PIL totale e non sono presenti conflitti al suo interno; solo nel nord, nei villaggi per precisione, sono riscontrati attentati terroristici degli jihadisti di Boko Haram. La maggioranza però dei nigeriani arrivati in Italia sono del sud-est del Paese, esattamente della zona di Benin City, fatto facilmente riscontrabile dal dialetto parlato. Dopo la Nigeria, i Paesi di origine degli immigrati più presenti negli sbarchi dalla Libia sono il Bangladesh e il Pakistan. I primi stati con reali problemi di instabilità e conflitti sono il Mali (ottava posizione con 7.757 migranti), la Siria (dodicesima posizione con soli 2.270 richiedenti asilo) e la Somalia (tredicesima posizione con 2.055). I dati sulle nazionalità dei richiedenti asilo fanno ben capire che sulle coste italiane, grazie alla rotta libica, sbarcano in maggioranza quelli che il politicamente corretto chiama “migranti economici”, che rimarranno poi imbottigliati in Italia con scarsa possibilità di venire rimpatriati. Infatti, nel 2017, solo 6.340 migranti sono stati rimpatriati mentre nel 2016 ancora meno, 5.300. La IOM Libya è riuscita a rimpatriare più di 15 mila migranti in Libia in soli 3 mesi, grazie al programma “Assisted Voluntary Return and Reintegration”, in accordo con l’Unione Africana e con il supporto dell’Unione Europea. Perché non avviare il medesimo programma anche in Italia? E con i ricollocamenti in Europa non va certamente meglio: sono stati ricollocati solo 11.464 richiedenti asilo (dicembre 2017) mentre 698 erano in corso di trasferimento. Ovviamente, i ricollocamenti riguardano “solo persone in evidente necessità di protezione internazionale, appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione sia pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat”. Quindi una percentuale esigua dei migranti arrivati nei porti italiani. Approfondiamo ora il tema a proposito dei tre tipi di protezione concessi dalle Commissioni Territoriali italiane e dell’anomalia tutta italiana della protezione umanitaria. La protezione internazionale è sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 allo scopo di dare “una condizione giuridica più stabile a quegli stranieri o apolidi che restavano sfollati o fuggitivi perché temevano di rientrare in patria dopo gli sconvolgimenti politici, etnici e territoriali successivi alla Seconda Guerra Mondiale”. La Convenzione sancisce due tipi di status: lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria. Lo status di rifugiato rientra nel concetto stesso di protezione internazionale sancito dalla Convenzione di Ginevra, mentre lo status di protezione sussidiaria è riconosciuto al cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno (ad esempio una condanna a morte). Quindi, secondo la Convenzione di Ginevra, solo il 16% dei richiedenti asilo in Italia avrebbero diritto alla protezione internazionale (l’8% status di rifugiato più l’8% status di protezione sussidiaria). E quel 25% di richiedenti asilo a cui è stata concessa la protezione umanitaria? Questa è un’anomalia tutta italiana: gli altri Paesi europei vi ricorrono solo in forma residuale e irrilevante in termini percentuali. La stessa ASGI, associazione prettamente immigrazionista finanziata da George Soros, descrive così l’istituto italiano della protezione umanitaria: “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è un titolo di soggiorno previsto dall’ordinamento giuridico italiano con una norma di portata generale, posta a chiusura del sistema complessivo che disciplina l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio italiano. A differenza della protezione internazionale è un istituto che non ha un proprio esplicito fondamento nell’obbligo di adeguamento a norme internazionali o dell’Unione europea, seppur dia attuazione anche ad obblighi internazionali, ma che in ogni caso è rintracciabile, seppur con differenti specificità, negli ordinamenti interni di taluni altri Stati membri. Con l’obiettivo di dare tutela delle situazioni concrete che non trovano compiuta corrispondenza in quelle astratte previste dal Testo Unico dell’Immigrazione, il Legislatore ha ritenuto utile inserire questa clausola di salvaguardia, utilizzabile qualora ricorrano situazioni meritevoli di tutela per seri motivi umanitari, o che impongono la necessità di adeguare la disciplina ordinaria a previsioni costituzionali o internazionali con particolare riguardo per quelle rilevanti in materia di diritti dell’uomo”. L’istituto della protezione umanitaria è contenuto nel “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” del Decreto Legislativo 25 luglio 1998. L’allora maggioranza era appartenente al centro sinistra e il Premier era Romano Prodi. Non male per un Governo rimasto in carica solo 2 anni. La protezione umanitaria viene rilasciata dal Questore a seguito di raccomandazione della Commissione Territoriale in caso di diniego in prima istanza di giudizio, ha una durata di 2 anni, è rinnovabile, e può essere convertita in permesso di soggiorno per lavoro. Un vero salvacondotto per molti dei cosiddetti migranti economici. Ricapitolando: il 25% dei richiedenti asilo sbarcati in Italia ha ottenuto la protezione umanitaria dalle varie Commissioni Territoriali. Lo stesso 25% negli altri Paesi dell’Unione Europea avrebbe ottenuto un diniego e quindi un foglio di via. Rimpatri definiti impossibili, ricollocamenti in Europa quasi inesistenti e l’assoluta generosità tutta italiana nella concessione della protezione umanitaria. Paradossi italici. Preso da: https://www.ilprimatonazionale.it//primo-piano/la-truffa-della-protezione-umanitaria-cosi-solo-in-ita… […]