Monaco, 08 feb – Mentre gli occhi del mondo si concentravano sulla Conferenza per la sicurezza di Monaco di Baviera, tradizionalmente sponsorizzata dalla Nato e seguente di poche ore allo storico incontro moscovita della cancelliera tedesca Angela Merkel e del presidente francese Francois Hollande con il presidente russo Vladimir Putin, le dichiarazioni più sconcertanti venivano da Parigi per bocca dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy secondo il quale, parlando al congresso del suo partito, l’Ump, “noi siamo parte di una civiltà comune con la Russia. Gli interessi degli Americani rispetto ai Russi non corrispondono agli interessi di Europa e Russia”. Sarkozy ha poi affondato ancora il colpo relativamente all’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa: “La Crimea ha scelto la Russia, e non possiamo accusarla di questo, dobbiamo piuttosto trovare il modo di creare una forza di mantenimento della pace per proteggere i russofoni in Ucraina”.
Gli fa eco da Soci, in Russia, il presidente Putin che, parlando a una importante assemblea dei sindacati: “Non vogliamo la guerra con nessuno, ma intendiamo collaborare con tutti“. Spiegando poi che le sanzioni, inflitte da Usa e Ue a Mosca per la crisi ucraina, “non possono essere efficaci nei confronti di un Paese come la Russia, anche se ci danneggiano“, e aggiungendo che “noi lo dobbiamo capire, e capendolo dobbiamo aumentare il nostro livello di sovranità anche nella sfera economica“.
Rispetto ai correnti scenari geopolitici, Putin ha aggiunto che “gli Usa vogliono mondo unipolare” e si sta tentando di “far passare per normale l’assetto mondiale esistente venutosi a creare nei decenni dopo il crollo dell’Urss, con a capo un solo leader incondizionato che vorrebbe rimanere tale. A tale assetto mondiale qualcuno può essere felice di assoggettarsi – ha sottolineato il capo del Cremlino – ma non andrà mai a genio alla Russia“, riecheggiando lo storico discorso che lo stesso leader russo tenne proprio alla Conferenza di Monaco nel febbraio 2007, in conseguenza del quale le relazioni tra Usa e Nato da una parte, e Russia dall’altra, presero la piega che portò prima alla guerra con la Georgia – era l’agosto 2008 – quindi all’appoggio Usa all’Ucraina nella crisi tuttora in corso.
Interessante, infine, anche il punto di vista apparentemente corporativo di Putin rispetto nei confronti dei sindacati: “La situazione del mercato del lavoro può complicarsi, i sindacati devono tutelare i diritti dei cittadini, ma la loro posizione deve essere costruttiva”.
La scena alla Conferenza di Monaco è stata tuttavia monopolizzata, ieri, dalla conferenza stampa del ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, che prevedeva anche un serrato scambio di domande e risposte con i giornalisti accreditati, in maggioranza tedeschi.
Lavrov ha addossato agli Usa e ai loro alleati europei la maggior responsabilità per la destabilizzazione dell’Ucraina, dalla cacciata nel febbraio 2014 del governo dell’ex presidente Yanukovich democraticamente eletto fino alla mancata condanna dei bombardamenti della popolazione civile nell’est del paese con bombe a grappolo. “Nello sviluppo della crisi, i nostri colleghi americani e l’Unione europea sotto la loro influenza hanno favorito a più riprese l’escalation della situazione ”, ha dichiarato Lavrov, aggiungendo di riconoscere che l’occidente ha sempre cercato il dialogo con gruppi ed esponenti di opposizione, perfino con gli estremisti talebani, mentre in Ucraina ha sempre sostenuto qualsiasi azione di Kiev e avvertendo che il piano di Washington di fornire armamenti letali alle forze regolari ucraine, ribadito ieri stesso dal segretario Usa John Kerry e dal comandante delle forze Nato in Europa, generale Philip Breedlove, potrebbe avere “conseguenze imprevedibili, inclusa la distruzione degli sforzi per risolvere la crisi nell’Ucraina sud-orientale”. Concludendo poi l’argomento con una nota positiva: “la crescente opposizione in Europa all’ipotesi di fornire armi alle truppe ucraine fa ben sperare”.
Più in generale, il ministro degli esteri russo ha insistito sul rispetto della legalità internazionale e in particolare dei principi dell’Onu, laddove al diritto all’integrità territoriale è affiancato il diritto all’autodeterminazione dei popoli, tanto che, ha sostenuto Lavrov, al Kosovo fu concessa l’indipendenza senza nemmeno un referendum, e a maggior ragione non sono comprensibili le critiche rispetto alla Crimea dopo che un referendum ha sancito la volontà della stragrande maggioranza della sua popolazione (96%) di riunirsi alla Federazione Russa, suscitando per altro l’ilarità di molti dei giornalisti tedeschi presenti.
Data l’importanza della conferenza stampa, la proponiamo per intero nel video sottostante (in inglese).
Nel frattempo, lo smarcamento dell’Europa che conta dai diktat americani si manifestava anche con la cancelliera Merkel che stigmatizzava l’eventuale fornitura di armi alle forze ucraine come un ostacolo insormontabile per la pace, aggiungendo testualmente che “vogliamo costruire la sicurezza in Europa, insieme alla Russia, non contro la Russia”, all’unisono con il ministro francese della difesa Jean-Yves le Drian secondo il quale l’invio di armi all’Ucraina “è totalmente escluso”, aggiungendo che “la Francia ha ripetuto molte volte che non sosterrà l’idea dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato”. Infine, lo stesso presidente francese Hollande che richiamava alla necessità di raggiungere un accordo di pace duraturo e non soltanto un “compromesso”, a fronte di un vicepresidente americano Biden che continuava ad avvertire: “Mosca ritiri le truppe o ne pagherà il prezzo, aiuteremo Kiev a difendersi“.
Alla luce di tutto questo, suonano un po’ anacronistiche e contraddittorie le parole del segretario di stato Usa John Kerry il quale dichiarava alla Reuters che “non c’è alcuna divisione – sento qualcuno che tenta di crearne una. Siamo uniti, lavoriamo insieme, siamo d’accordo sul fatto che questa sfida non può essere affrontata attraverso la forza militare. Siamo uniti con la nostra diplomazia”.
Sviluppi clamorosi sono tuttavia arrivati nella giornata odierna.
Un incontro a quattro potrebbe essere tenuto a Minsk, capitale della Bielorussia, già mercoledì prossimo 11 febbraio, secondo quanto sostenuto dal governo tedesco e in seguito a una conferenza telematica organizzata a Monaco, tra Vladimir Putin, Petro Poroshenko, Angela Merkel e Francois Hollande: “Nella conferenza i quattro [capi di stato e di governo] hanno lavorato ulteriormente si un pacchetto di misura nel contesto dei loro sforzi su una risoluzione completa del conflitto nell’Ucraina orientale ”, ha dichiarato Steffen Sibert, portavoce del governo tedesco, aggiungendo che “questo lavoro continuerà domani [lunedì] a Berlino con lo scopo di tenere il summit a Minsk mercoledì”.
Il piano è stato confermato dal servizio stampa del presidente ucraino Poroshenko e da fonti diplomatiche russe. Poroshenko ha dichiarato che i leader sperano che i colloqui portino a “un cessate il fuoco duraturo e senza condizioni” da ambo le parti in conflitto.
L’Europa che conta, quindi, senza l’Italia, senza Renzi, senza nemmeno qualsiasi ruolo visibile della presunta “ministra degli esteri” europea Federica Mogherini, pare aver preso il toro per le corna senza tante riverenze nei confronti della superpotenza d’oltre Atlantico, per rimettere in ordine un campo europeo sull’orlo dell’abisso. Dimostrando che si può fare, basta volerlo.
Francesco Meneguzzo
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