Roma, 5 lug – Tito Boeri ci è ricascato. O meglio: in quella che sembra avere tutti i crismi di una lunga marcia di preparazione ad uno sbarco in politica nel campo radical-chic, il presidente dell’Inps non può che presentarsi con il miglior bagaglio del progressista medio. Su cosa puntare allora, se non sul tema degli immigrati? E perché non farlo da una posizione più che di rilievo, vale a dire la presidenza dell’Inps?
A leggerla, la sparata sembra di quelle grosse: secondo Boeri, chiudere nei prossimi anni le porte agli immigrati costerebbe all’istituto ben 38 miliardi di euro. Un salasso che porterebbe l’Inps direttamente alla chiusura, secondo la retorica – perché di questo si tratta – dell’immigrato che ci paga le pensioni. A parte il contenuto questo sì decisamente razzista del ragionamento (l’immigrato sarebbe, secondo Boeri, un oggetto da sfruttare per mettere una pezza ai conti pubblici), quanto c’è di vero nell’assunto? Molto poco, a dir la verità.
Partiamo dall’architettura del sistema previdenziale. Boeri, nonostante lo presieda e nonostante (o forse proprio per questo) un curriculum da esperto economista, non sa come funziona l’Inps, dato che non è evidentemente al corrente della differenza fra il vecchio sistema retributivo e l’attuale, di tipo contributivo. Ciò significa che quel che si devolve andrà a costituire, almeno in teoria, il “monte” che a scadenza ritorneranno sotto forma di pensione. L’Inps non fa distinzione fra chi paga i contributi, non essendo importante ai fini dei conti la nazionalità di chi versa l’obolo mensile. Conta solo, in estrema sintesi, che vi sia un regolare contratto di lavoro. Quel contratto che sempre meno italiani possono vantare, visti i più recenti dati sulla disoccupazione. Eccolo allora il nodo al pettine: se al posto degli immigrati – fra i quali peraltro il tasso di irregolarità nelle assunzioni è sensibilmente elevato ed in questo caso di contributi non se ne versano proprio, ma dei servizi a carico della collettività godono comunque – vi fossero lavoratori italiani, anche questi ultimi pagherebbero i contributi richiesti. Ma forse Boeri, quando alle medie spiegavano il principio dei vasi comunicanti, già pensava alla carriera in Bocconi e non era interessato alle facezie. Il tutto senza considerare poi le altre forme di assistenza, perché l’Inps non si occupa solo di pensioni: dagli assegni di disoccupazione alle invalidità passando per la cassa integrazione, fra gli stranieri vi sono percentuali molto più alte di percettori di tali prestazioni, alle quali attingono a piene mani.
Ammettiamo comunque, scendendo anche noi nella bassa propaganda, che gli italiani certi lavori non li vogliano proprio più fare. È più forte di loro: anche se disoccupati di lunga data, di finire in fabbrica o nei campi non hanno la benché minima intenzione. “Servono” dunque braccia forestiere per far girare le macchine o consentire la semina. Sono assunti secondo tutti i crismi, versano all’Inps quanto dovuto, magari per venti o trent’anni senza fiatare. Cosa succederà a quel punto? Succederà che – giustamente! – il lavoratore, maturati i requisiti, richiederà la pensione che gli spetta e che ha contribuito a costruirsi. Boeri a questo punto ha piazzato una perla di fantaeconomia difficile da replicare: secondo lui molti immigrati se ne andranno, così d’émblée, senza colpo ferire. Due problemi: a) non sono fessi e b) chi l’ha deciso che se ne andranno senza chiedere nulla? Boeri in persona? E sulla base di cosa? Li convincerà lui a fare i bagagli e firmargli la liberatoria per poter utilizzare come meglio crede i loro contributi? La risposta a tutte le domande è, ovviamente, negativa. Ecco perché, anziché salvarla, sul lungo termine e numeri alla mano gli immigrati in realtà la faranno fallire, questa benedetta Inps.
Filippo Burla
10 comments
Leggo su Wikipedia che Tito Boeri è figlio di neurologo. Credo che forse avrebbe dovuto curare meglio la salute del piccolo Tito anni fa…. forse oggi non saremmo costretti ad assistere a sparate del genere!
[…] Boeri, l’Inps, gli immigrati e le pensioni: storia di una grande… […]
[…] dell’Inps Tito Boeri al sistema previdenziale italiano che, secondo il suo parere, è destinato ad esplodere senza l’apporto degli immigrati. Una bugia che, come abbiamo chiarito, fa volutamente confusione dal momento che il sistema […]
[…] giorni dopo – siamo a luglio – l’economista bocconiano lancia un nuovo carico: chiudere le frontiere costerebbe all’Inps qualcosa come 38 miliardi di euro, una cifra da far traballare non solo l’ente pensionistico ma probabilmente l’intero […]
[…] 12 ago – Ci pagheranno pure le pensioni (anche se non è vero) ma, quando si tratta di incassare, non guardano in faccia a nessuno. Specialmente se dietro c’è […]
La cosa più affascinante di questo pseudo articolo che ovviamente non cita numeri perché non ne ha… è la pretesa paradossale di conoscere la realtà di INPS più di chi la governa.
Siete al livello delle scie chimiche, senza se e senza ma.
Vi auguro la più cordiale delle estinzioni.
[…] l’altro, gli immigrati possono dare un contributo positivo in questo senso”. Quale contributo? Quello magnificato ad esempio dal presidente dell’Inps Tito Boeri, che sicuramente non sa come funziona l’ente che dirige ma allo stesso richiede di importare […]
[…] anche perché l’economista radical-chic da molto tempo cerca di far passare il suo pericoloso e falso messaggio sull’importanza degli immigrati per la previdenza pubblica. Boeri dice che la nostra denatalità “è un problema molto serio per il nostro sistema […]
[…] poi considerare tutti gli altri costi, ivi compresi quelli previdenziali (altro che il “pagano le nostre pensioni”). Dati e circostanze che, laddove dalle nostre parti la sinistra continua a battersi in preda ad un […]
[…] anni a venire. Senza poi considerare tutti gli altri costi, ivi compresi quelli previdenziali (altro che il “pagano le nostre pensioni”). Dati e circostanze che, laddove dalle nostre parti la sinistra continua a battersi in preda ad un […]