Roma, 23 ott – Campanella di passaggio e primo Cdm a seguire. In un contesto in cui il nuovo presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha nascosto la sua emozione, definendo “impattante emotivamente” l’arrivo a Palazzo Chigi. Il momento è storico, sarebbe disonesto intellettualmente non notarlo, ma i problemi sono i soliti, enormi e giganteschi, e i dubbi che l’esecutivo possa farvi fronte restano fermi, senza alcun pregiudizio ma solo con la legittima preoccupazione per le sorti della Nazione. E con la genuina speranza di essere sorpresi su molti aspetti.
Primo Cdm del governo Meloni
La campanella è storica, sì, anzitutto perché avvia il primo governo di destra della storia della Repubblica. Non “centrodestra” ma, stavolta, decisamente più spostata verso posizioni di derivazione culturalmente determinate. Poi sull’affinità di questa destra con la sua origine missina potremmo discutere all’infinito, e – anzi – dubitare anche di più. Certo è che qualche residuo si è intravisto nella denominazione dei ministeri, molto meno si rintraccia nell’approccio economico dichiaratamente liberista del partito che si è appena insediato alla guida del nuovo esecutivo. Poi c’è un altro motivo per cui definire il momento in atto come decisamente particolare, ma afferisce più all’ironia che alla sostanza: quel “primo premier donna” che imbarazza la sinistra, per non dire che la conduce direttamente all’acidità di stomaco. Lo ricordiamo giusto per infierire un po’: per il resto, della Meloni che guida l’Italia ci interesseranno anzitutto i fatti concreti o meno, non certo il suo sesso. Il primo Consiglio dei Ministri del governo Meloni si è tenuto alle ore 12.30 a Palazzo Chigi. Operazioni di rito, come la nomina del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, ma anche molto altro, com’era logico attendersi: e fin dalle prime battute si è ben compreso che di tempo, per queste idiozie, davvero non ce n’è.
Si vorrà e si potrà invertire il passo tragico della Nazione verso la morte?
Le emergenze in corso in Italia sono impressionanti, le peggiori che un governo italiano abbia mai dovuto affrontare praticamente dai tempi del secondo dopoguerra, quando il Paese era ridotto a un cumulo di macerie ma – forse anche per quello – nella posizione di poter soltanto migliorare. Nella situazione odierna, invece, le possibilità di peggiorare sono moltissime, variegate. La crisi economica dura ormai da vent’anni, ma ha trovato il suo apice con la gestione del Covid e con la difficile, concreta – ma mai dichiarata – “economia di guerra” che sta vivendo tutta la Nazione dopo lo scoppio delle ostilità tra Kiev e Mosca. Il caro bollette sarà un’altra grossa tegola, unitamente alla necessità di reperire le risorse per tamponarlo il più possibile. Insomma, sarebbe malafede non fare neanche gli auguri al nuovo esecutivo: diversamente ci sarebbe solo da piangere.
Stelio Fergola