Perugia, 27 giu – Sono stati resi noti in questi giorni i numeri riguardanti le prime 165 domande, su un totale di oltre 1600 presentate in Umbria (più Arezzo, visto che la commissione ha competenza anche per la provincia toscana), per richiedere lo status di rifugiato. Ebbene, i numeri sono ancora più sconcertanti di quanto si pensasse: infatti solo 6 domande sulle 165 esaminate, ovvero il 3.6%, hanno dato diritto a tale status.
Ce ne sono poi 33 (il 20%) che hanno avuto come risposta l’assegnazione di “protezione umanitaria” e 6 (un altro 3.6%) per le quali è stata concessa la cosiddetta “protezione sussidiaria“. In totale, dunque, il 72% di coloro ai quali noi stiamo pagando vitto, alloggio e argent de poche non hanno diritto ad alcuna forma di protezione e sono veri e propri clandestini. Clandestini che, però, ora potranno fare ricorso e nel frattempo continuare a godere dell’aiuto dei contribuenti italiani.
Ma che differenza c’è tra il rifugiato e chi beneficia di un’altra forma di protezione, umanitaria o sussidiaria? Si tratta di una distinzione importante e spesso volutamente ignorata utilizzando la molto più vaga definizione di profugo. Il rifugiato infatti è una figura riconosciuta e normata dalla Convenzione di Ginevra, ovvero da un importante accordo internazionale. Rifugiato, dunque, secondo la Convenzione è chiunque, nel timore fondato di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato.
Una definizione stringente che richiede che vi sia il timore fondato ed attuale che la persona possa essere perseguitata e che detto timore possa essere provato e non sia mera congettura: meno del 4% di quelli che sono sui barconi, almeno a quanto si evince dai numeri delle province di Perugia, Arezzo e Terni, si trovano in questa condizione.
Poi ci sono la protezione sussidiaria e umanitaria. Esse non sono regolate da convenzioni internazionali ma imposte ai propri Stati membri dall’Unione Europea. Ha diritto alla prima, in UE, il cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine (o nel paese di domicilio se apolide), correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno. Si ha diritto alla seconda se pur non potendosi ricevere nemmeno protezione sussidiaria sussistono però seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
Come si può notare l’ultima definizione, quella attenente la protezione umanitaria, è la più vaga e quella che assegna maggiore discrezionalità a chi esamina la domanda: facendo molto genericamente riferimento a “motivi umanitari”. Ed infatti è quella che vede il maggior numero di esiti positivi, nelle tre province esaminate: il 20% contro il 3.6% dei rifugiati e della sussidiaria. Si tratta di numeri comunque bassi rispetto al 72% di richieste respinte ma è evidente che, in una condizione di grave difficoltà nella quale i paesi di confine dell’UE e in primo luogo l’Italia si trovano a dover subire una pressione migratoria non tollerabile, l’Europa potrebbe senza violare alcuna convenzione internazionale restringere il campo delle protezioni accordate ai soli rifugiati, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra e, al più, alla protezione sussidiaria, tagliando di oltre due terzi il numero di soggetti beneficiari.
Ciò che è però ancora più grave riguarda il 72% di richieste assolutamente inammissibili e per le quali, per un complesso e criminale gioco di ricorsi e burocrazie, noi continueremo comunque a pagare ad libitum vitto alloggio e cotillons, a maggior ragione ora che gli altri stati Europei hanno bloccato gli ingressi. Si tratta, a spanne e tendendosi bassi considerando mille euro di spese al mese per sedicente profugo, di almeno 15 milioni di euro all’anno solo per l’Umbria e la provincia di Arezzo. Moltiplicate per il resto delle province d’Italia, e avrete le cifre di quanto stiamo elargendo al business dell’accoglienza sottraendolo al Welfare e alle misure di solidarietà per gli italiani in difficoltà.
Cristiano Coccanari