Roma, 19 ott – La Francia ci ha davvero rubato il Monte Bianco? Per rispondere correttamente a questa domanda è utile ripercorrere brevemente la storia di un caso diplomatico tornato in auge negli ultimi giorni ma oggetto da anni di polemiche, scontri politici e recenti fake news pullulanti sui social. Già cinque anni fa sul Primato Nazionale parlammo di questa controversia, con oggetto del contendere il confine tra le due nazioni sulla cima della montagna più alta d’Europa. Secondo la Francia il confine passa sotto il rifugio Torino, per l’Italia invece è in mezzo al ghiacciaio, circa 300 metri più in alto. Il rifugio in questione, quindi, per i francesi sarebbe in Francia, per gli italiani in Italia. Come tuonò nel settembre 2015 l’allora sindaco di Courmayeur, Fabrizia Derriard, “Il rifugio Torino è in Italia e lì i francesi non hanno alcuna competenza. È vero, il nostro catasto non coincide con quello di Chamonix. Noi comunque ci basiamo sulle cartografie della Nato che recepiscono la convenzione del 1860 e mettono il confine sullo spartiacque”.
L’importanza di quel territorio
Sulla carta stiamo parlando di un contenzioso diplomatico per appena 300 metri di ghiaccio e neve, ma la questione è ben più complessa e importante, non solo da un punto di vista simbolico. Il rifugio di cui stiamo parlando si trova infatti nei pressi di Punta Helbronner, proprio dove arriva la funivia proveniente da Courmayeur. E’ importante quindi sia da un punto di vista logistico che economico. Come ricordato dall’ex primo cittadino di Courmayeur, con l’accordo del 1860 la sovranità di Punta Helbronner venne lasciata all’Italia, per quanto Parigi abbia sempre – tacitamente e non – rivendicato questo fazzoletto di terra perché storicamente rientrante nella contea di Savoia. In quest’ultimo caso si dovrebbe aprire una parentesi sugli Stati preunitari, ma andiamo oltre. Qualche anno fa i comuni francesi di Chamonix e St. Gervais hanno deciso unilateralmente di modificare i confini, inglobando il rifugio Torino, ovvero facendolo ricadere in territorio transalpino.
L’Italia si è resa conto fattivamente della modifica arbitraria soltanto il 27 giugno 2019, quando le autorità francesi vietarono il sorvolo in parapendio nella zona. Ma al di là di questo increscioso episodio, il problema vero è che i comuni francesi riscuotono tutti i proventi degli impianti sciistici della zona. In pratica la Francia ci ha scippato un pezzo di territorio e lo sta sfruttando al meglio, senza che i governi italiani degli ultimi anni abbiano mai reagito.
L’interrogazione parlamentare
La questione è tornata all’attenzione mediatica però con l’interrogazione parlamentare del deputato di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, che il 5 agosto 2019 ha chiesto al premier e al ministro degli Esteri in che modo stessero affrontando la vicenda e “quali iniziative intendessero intraprendere per tutelare l’interesse nazionale e la sovranità dello Stato italiano nelle aree del Monte Bianco per supportare le istituzioni territoriali coinvolte nella gestione dei problemi amministrativi ed economici relativi alle attività turistiche, sportive ed alpinistiche che si svolgono in quelle zone nevralgiche per l’accesso al massiccio e alla vetta del Monte Bianco; per giungere alla definitiva risoluzione di un contenzioso diplomatico che si trascina ormai da oltre 70 anni, durante i quali l’Italia ha sempre subito le iniziative unilaterali e arbitrarie delle autorità francesi”.
Il lassismo del governo
La risposta del governo italiano è arrivata soltanto il 12 ottobre scorso, quindi più di un anno dopo l’interrogazione di Lollobrigida (inutile dire che nel frattempo la Francia ha continuato a trattare l’area del rifugio Torino come cosa propria). La delucidazione sull’operato dell’esecutivo non è giunta però dal primo ministro Conte o dal ministro Di Maio, ma dal sottosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto, secondo il quale la Farnesina “tramite l’ambasciata a Parigi ha subito proceduto a rappresentare formalmente e con fermezza alle autorità francesi, la tradizionale posizione italiana riguardo ai confini”. Peccato che da Parigi abbiano risposto picche, sostenendo che la convenzione del 1860 impugnata dall’Italia non rappresenta una base giuridica di rilievo e che in realtà c’è una controversia su quel confine ancora irrisolta.
In parole povere la Francia continua a trattare il rifugio Torino come un territorio francese, mentre l’Italia si è limitata tardi e blandamente a rivendicarne la sovranità. Scalfarotto ha assicurato che “il Governo continuerà a seguire la questione, al fine di addivenire quanto prima possibile ad una soluzione soddisfacente della questione”. Con tutta evidenza però l’esecutivo giallofucsia non sta intraprendendo azioni di rilievo per “piantare il tricolore”, una volta per tutte, su quel territorio italiano.
Eugenio Palazzini