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Sbarchi triplicati nel 2020. Ecco tutti i numeri del business dell’immigrazione

by Francesca Totolo
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Roma, 27 gen – Nonostante l’emergenza coronavirus, il 2020 è stato l’anno in cui l’immigrazione clandestina è tornata ad avere i numeri di un’invasione. Dopo due anni di robusta e costante riduzione degli sbarchi nei porti italiani, l’anno appena trascorso ha registrato l’arrivo 34.154 immigrati, il triplo rispetto al 2019. La Tunisia è stata il maggior Paese esportatore di immigrati (12.883). Seguita dal Bangladesh (4.141), dalla Costa d’Avorio (1.950), dalla Algeria (1.458), e dal Pakistan (1.400). Tutte Nazioni non in guerra e governate da esecutivi riconosciuti dalle autorità internazionali.

I danni del decreto giallofucsia

Sarà per questo motivo che la maggioranza parlamentare italiana si è data un gran da fare per cancellare i Decreti sicurezza di Matteo Salvini, che avevano depennato l’anomalia solo italiana della protezione umanitaria. Il nuovo Decreto giallofucsia ha ripristinato questo tipo di salvacondotto per clandestini. Peraltro ampliandolo a due nuove categorie di richiedenti asilo: gli immigrati che si dichiarano gay e gli immigrati climatici.

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Sebbene la maggioranza degli sbarchi del 2020 abbia avuto come porto di partenza la Tunisia, dove è attiva la rete dei trafficanti mimetizzati da “pescatori tunisini”, le Ong hanno continuato, tra un periodo di quarantena in porto e l’altro, a traghettare immigrati dalle coste libiche ai porti italiani.

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I numeri del pull factor delle Ong

Ancora oggi, una parte dei media mainstream continua a negare il pull factor prodotto dalle navi delle Ong davanti alle coste libiche. Sebbene sia stato documentato da ben due direttori di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera). Sebbene sia stato uno dei motivi della conclusione della missione Operazione Mare Nostrum. E sebbene sia stato comprovato dai rapporti della missione europea Operazione Sophia, in cui si legge: “I trafficanti si affidano a un numero crescente di navi di soccorso delle Ong che stanno operando vicino alle acque territoriali libiche, e talvolta pure all’interno”.

Per dimostrare ulteriormente il fattore attrazione delle cosiddette navi umanitarie davanti alle coste della Libia, abbiamo analizzato i dati del 2020.

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Il grafico tiene conto delle rotte delle navi umanitarie, dei dati riportati dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni e dei salvataggi effettuati dalla Guardia Costiera libica.

Le partenze degli immigrati aumentano quando le Ong sono in zona Sar

Ebbene, da questi dati emerge che le partenze degli immigrati dalle coste della Libia aumentano in modo significativo quando le Ong sono presenti in zona Sar (ricerca e salvataggio). Il maggior numero di immigrati partito dalla Libia è stato registrato nel gennaio del 2020 (2.578 immigrati, 83 immigrati in media partiti al giorno). Quando quattro navi delle Ong (la Ocean Viking di SOS Mediterranee, la Open Arms di Proactiva Open Arms, la Sea Watch di Sea Watch e la Alan Kurdi di Sea-Eye) si sono avvicendate per 30 giorni davanti alle coste del Paese nordafricano. Seguono il mese di febbraio (2.137 immigrati, 74 immigrati in media partiti al giorno). Quando davanti alla Libia erano presenti tre navi delle Ong (la Ocean Viking, la Sea Watch e la Aita Mari di Proyecto Maydayterraneo), che si sono alternate per 12 giorni. E il mese di giugno (2.017 immigrati, 67 immigrati in media partiti al giorno). Con tre navi delle Ong presenti (la Ocean Viking, la Sea Watch e la Mare Jonio di Mediterranea).

Luglio è stato il mese con il maggior numero di sbarchi

Il mese, invece, che ha registrato il minor numero di partenze è stato dicembre (295 immigrati, 10 immigrati in media partiti al giorno). Quando la nave Open Arms è arrivata in zona Sar della Libia l’ultimo giorno del mese ed ha tempestivamente effettuato un trasbordo di 169 immigrati. Esemplificativo è il mese di luglio. Infatti, nonostante le condizioni meteorologiche ottimali per la navigazione e senza la presenza delle navi delle Ong, le partenze dalla Libia sono state solo 1.253 (40 immigrati partiti in media al giorno). Luglio, peraltro, è stato il mese che ha fatto registrare il maggior numero di sbarchi in Italia: 7.067 immigrati partiti (207 immigrati partiti in media al giorno) dalla Tunisia e dall’Algeria.

Le navi Ong mettono in pericolo l’incolumità degli immigrati

Le navi delle Ong salvano veramente vite o il loro pull factor, stimolando le partenze, mette in pericolo l’incolumità degli immigrati? I dati riportati dal grafico farebbero propendere per la seconda ipotesi. Infatti, il mese che ha fatto registrare il numero maggiore di morti/dispersi in mare (186) è stato settembre. Quando tre navi delle Ong (la Alan Kurdi di Sea-Eye, la Open Arms e la Astral di Proactiva Open Arms) hanno pattugliato le coste libiche per nove giorni. Segue il mese di novembre in cui si sono contate 178 morti, mentre la nave Open Arms era presente davanti alle coste libiche per quattro giorni.

Il pull factor della nave Ocean Viking

L’ultima missione della nave Ocean Viking di SOS Mediterranee è la prova provata del pull factor prodotto dalla presenza delle Ong davanti alle coste libiche, da cui deriva molto spesso l’aumento delle morti in mare. La nave umanitaria ha pattugliato la zona Sar della Libia per sei giorni, dal 17 al 22 gennaio scorsi.

Durante questo breve periodo, dalle coste libiche sono partiti 13 barconi con a bordo un totale di 1.058 immigrati. Di questi, 374 immigrati sono stati trasbordati sulla nave Ocean Viking, 309 sono stati salvati e riportati indietro dalla Guardia Costiera libica, 145 sono tornati autonomamente in Libia a bordo di un barcone (la Ocean Viking stava già facendo rotta verso l’Italia). Ancora, 70 sono stati trasbordati sul rimorchiatore Asso Trenta (la Ocean Viking era già ripartita dalle coste libiche). Infine, 45 sono sbarcati a Lampedusa, 60 sono morti, e 55 sono al momento dispersi. Quindi, nei sei giorni di permanenza della Ocean Viking, sono partiti in media 176 immigrati al giorno.

Nessun magistrato ha ancora aperto un’inchiesta per strage

Il dato dimostra che i trafficanti attendevano proprio l’arrivo della nave umanitaria per mettere in mare i barconi stipati di immigrati. Senza dimenticare che a dicembre erano partiti in media solo 10 immigrati al giorno. Peraltro, in quei sei giorni di pattugliamento della Ocean Viking, le persone morte e disperse sono state 115. Ciò nonostante, nessun magistrato ha ancora aperto un’inchiesta per strage. E presumibilmente, mai lo farà, perché sembrerebbe che la “vita dei neri conta” solo quando non va ad intaccare il business dell’immigrazione.

Francesca Totolo

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Dall'inizio dell'anno 5.000 sbarchi, Salvini in pressing su Draghi: "L'Italia torni a controllare i confini, è un dovere" - Rassegne Italia 2 Marzo 2021 - 12:12

[…] Di Adolfo Spezzaferro – Roma, 2 mar – “Tornare a controllare i confini, perché l’Italia non può essere l’unico porto” di sbarco: così Matteo Salvini va in pressing sul governo Draghi sul fronte immigrazione. “Occorrerà tornare ad un controllo sereno, legittimo dovuto e doveroso dei nostri confini di chi entra e di chi esce“, dice il leader della Lega. “Mi aspetto che ci sia un atteggiamento europeo, che il controllo dell’immigrazione clandestina sia simile a quello che fanno gli altri Paesi europei. Ricordo che siamo passati dai 200 sbarchi di inizio 2019 ai quasi 5.000 di gennaio e febbraio di quest’anno“, avverte Salvini. Con i giallofucsia al governo il 2020 in effetti gli sbarchi si sono triplicati. […]

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