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Energia: il primato solare dell’Italia, nonostante i governi

by Adriano Scianca
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solareRoma, 25 ott – Seconda solo alla Germania come potenza solare fotovoltaica in esercizio, e pari in quanto a percentuale di copertura della domanda elettrica: questa l’Italia solarizzata nel 2013. Tanto che oggi circa il 10% della domanda elettrica complessiva annuale è soddisfatta dal sole e il 20% nelle ore diurne, con punte del 30% in tarda primavera e in estate, quando nelle ore centrali è stato già superata la soglia del 50%.

In pratica, quando accendete la luce o un elettrodomestico, ma anche una macchina industriale, è molto probabile che la corrente sia stata generata dalla conversione della luce solare.

Se oggi l’Italia può vantare questo straordinario primato energetico, lo si deve a pochi visionari che alcuni anni fa lottarono per far passare il secondo conto energia, quel decreto ministeriale 19 febbraio 2007 che ha reso per alcuni anni primi nel mondo il mercato fotovoltaico italiano e la crescita delle relative installazioni, oggi arrivate alla potenza nominale di 18 GW. Nessun paese del mondo ha fatto tanto in così poco tempo, nessuna fonte energetica è mai cresciuta, né ha mai visto diminuire i propri costi (di sei volte in sette anni), così rapidamente nella storia!

Tutto questo, nonostante i governi che, a partire dall’ultimo Berlusconi fin dal 2011, abbiano lavorato indefessamente per contenere il più possibile la crescita del settore fotovoltaico, parallelamente alla crescente pressione di Assoelettrica, l’associazione dei produttori termoelettrici (gas, petrolio e carbone).

I termini della questione sono in realtà molto complessi come si conviene a tutta la materia energetica. Se, infatti, ogni chilowattora prodotto col fotovoltaico rende il sistema Italia più indipendente dalle forniture, tutte estere, dei combustibili tradizionali, il fatto stesso che i pannelli solari producano nelle ore di maggiore richiesta – quelle diurne e centrali della giornata – ha prodotto una notevole riduzione del valore dell’elettricità proprio quando questa è più costosa e redditizia per i produttori. Il prezzo di ogni chilowattora elettrico, infatti, è determinato dagli impianti più costosi, ed è facile immaginare il margine di profitto di un economico impianto a carbone quando il prezzo viene fissato da un costosissimo turbogas! Il grido di dolore di Assoelettrica è allora facilmente comprensibile, ma non è questo l’unico punto critico.

Gli incentivi alla produzione fotovoltaica sono prelevati dalla bolletta elettrica dei cittadini consumatori e, in minore misura, dalle industrie (soprattutto quelle energivore); indignati gridi di dolore si sono così levati dalla grande stampa, più o meno partecipata a livello proprietario dagli stessi produttori termoelettrici, guarda caso proprio nel momento in cui, verso la fine del 2010, alla riduzione dei consumi energetici legata alla crisi economica si sommava l’effetto di peak shaving (letteralmente “fare la barba al picco”, con riferimento alla domanda elettrica) del fotovoltaico. Il punto è che semplicemente si tratta di un falso problema, dal momento che proprio la riduzione dei prezzi elettrici ha fatto e tuttora fa rientrare nelle tasche delle famiglie e delle imprese quello che vi esce come incentivazione. Alla fine, a pagare sono praticamente soltanto i grandi produttori convenzionali: in Germania e in Spagna, tra gli altri, lo sanno da anni e ne scrivono su innumerevoli articoli giornalistici e scientifici.

Lo stesso vale per gli allarmi sui maggiori costi di trasmissione dell’energia dovuti all’intermittenza della produzione fotovoltaica: se quest’ultima è indubbiamente una realtà, il minore carico sulle reti di trasmissione assicurato dalla immissione dell’elettricità solare in prevalenza nelle linee in media e in bassa tensione, nonché in parte autoconsumata direttamente sul posto, cancella completamente e anzi sopravanza decisamente i maggiori oneri dell’intermittenza: Terna conferma ufficialmente e così tutta la letteratura scientifica recente.

La campagna di stampa, allegramente guidata dai “campioni” Repubblica e Corriere della Sera, ha tuttavia sortito i propri effetti anche sotto altri aspetti: in tanti, troppi, hanno abboccato alle leggende insinuate ad arte che volevano il fotovoltaico antagonista all’agricoltura, quando ogni anno l’Italia perde più superficie agricola di tutta l’estensione “occupata” da pannelli fotovoltaici, o costituito da materiali pericolosi (alluminio, vetro e silicio…), e così via. Risultato: gli incentivi sono stati ridotti troppo bruscamente dai governi, e le regioni dal canto loro hanno istituito una tale massa di divieti da impedire di fatto qualsiasi altra installazione su terreno. Con buona pace dei duecentomila posti di lavoro creati nei primi due anni di gloria e del completamento di un piano di sovranità energetica che solo l’ingegno italico aveva permesso di mettere in opera alla testa del mondo intero.

 Francesco Meneguzzo

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