Washington, 28 mag – Il Ceo di Twitter Jack Dorsey non si fa intimidire dalle pressioni del presidente americano Trump che in queste ore starebbe per firmare un ordine esecutivo contenente la tanto temuta – dai proprietari delle piattaforme – stretta sui social media. Twitter, ha annunciato Dorsey, «continuerà a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale, e ammetterà tutti gli errori che commette», non perché «un arbitro della verità» ma perché la sua missione è «collegare i punti delle dichiarazioni contrastanti e mostrare le informazioni controverse in modo che le persone possano giudicare da sole».
E’ stata questa la risposta di Dorsey alla polemica con Trump, che attraverso Twitter e tramite una portavoce della Casa Bianca aveva annunciato il giro di vite per le piattaforme social; il casus belli origina dalla decisione della piattaforma social di bollare come «infondati» due tweet del presidente Usa riguardo la potenzialità di brogli elettorali nell’ambito del «voto per posta», relativo alle prossime presidenziali Usa, dove il tycoon concorre per la propria rielezione.
E ora la preoccupazione serpeggia tra i colossi social. Perché se è vero che Trump non può «chiudere» i social network, può rendergli comunque la vita molto difficile firmando il provvedimento che potrebbe stabilire nuove regole di responsabilità da assegnare alle piattaforme. In soldoni, il decreto apporterebbe una modifica al sistema previsto dalla legge americana che porterebbe Google, Facebook, Twitter ad essere ritenuti «editori», con le responsabilità connesse, più stringenti di quelle attuali; i social risponderebbero delle opinioni espresse sulle loro piattaforme e delle cancellazioni arbitrarie dei contenuti, rendendo nei fatti ciascun cittadino portatore di un diritto direttamente azionabile nei confronti della piattaforma o del social stesso.
La risposta di Dorsey riguarda anche le dichiarazioni di Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook, che in un’intervista a The Daily Briefing, su Fox news dichiara, a proposito della verifica delle informazioni, che «piattaforme digitali di proprietà privata non dovrebbero agire come arbitri della verità», di fatto smarcandosi da Dorsey. Zuckerberg ha poi rincarato la dose alcune ore dopo, suscitando lo sdegno dei sostenitori di Twitter: «Il dibattito politico è uno degli aspetti più sensibili della democrazia e le persone dovrebbero vedere ciò che i politici dicono».
Cristina Gauri
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