Washington, 10 ott – È probabile che Barack Obama sarà ricordato nei libri di storia, più propriamente nella sezione aneddoti, come il più disastroso presidente americano di tutti i tempi, in politica interna, economia e anche – forse soprattutto – in politica estera.
Ultimo nella serie di fallimenti, sicuramente il più imbarazzante, la decisione di interrompere indefinitamente il programma di addestramento dei ribelli cosiddetti “moderati” destinati ufficialmente a combattere il califfato islamico in Siria e in realtà deputati a costituire il nerbo militare del futuro Stato siriano una volta deposto il legittimo presidente Bashar Al-Assad.
Che questo programma, dal costo ufficialmente dichiarato di 500 milioni di dollari, fosse miseramente naufragato si è capito già a metà settembre, quando il generale Lloyd J. Austin, comandante del Centcom e sovrintendente Usa alle operazioni in Siria e Iraq dichiarò candidamente al Congresso che “abbiamo speso 500 milioni per addestrare soltanto 4 o 5 miliziani anti-Isis”. In altre parole, ciascuno dei supposti miliziani attivi sarebbe costato non meno di cento milioni di dollari. Palesemente insostenibile e ridicolo.
Previa anticipazione del New York Times, è stato lo stesso segretario alla difesa, Ashton Carter, appena reduce da un incontro a Londra con il suo omologo britannico Michael Fallon, a dichiarare il 9 ottobre, chiaro e forte, che “il presidente Usa presenterà a breve proposte di modifica al programma”, aggiungendo che sarà lo stesso Obama a parlarne a breve.
In un briefing giornalistico presso il Dipartimento di Stato americano tenuto lo stesso giorno e ripreso dalle televisioni, il portavoce John Kirby, rispondendo alle domande di una giornalista di Russia Today, ha sostenuto che gli Usa hanno abbandonato il programma di addestramento, decidendo di focalizzarsi sull’equipaggiamento dei miliziani: “È stata decisa una pausa, mentre ci concentreremo sulla fase di equipaggiamento di quei gruppi che sono attualmente in Siria e si sono dimostrati competenti e determinati contro l’Isis”, aggiungendo che “talvolta si incontrano ostacoli e sfide che non si sapeva potessero insorgere o che non erano state previste… Vorrei ricordare che questo particolare aspetto del programma [l’addestramento, ndr] non è accantonato per sempre”.
In ogni caso, i campi di addestramento in Turchia, Giordania, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti saranno chiusi, almeno per il momento, mentre la quasi totalità degli armamenti e delle altre attrezzature messe a disposizione dei vari gruppi combattenti presuntamente “moderati”, nonché molti elementi addestrati con i soldi dei contribuenti americani sono finiti nelle mani del Fronte al-Nusra, affiliato ad Al-Qaida, e probabilmente dello stesso Stato Islamico. Ad aggiungere un tocco di ridicolo è il fatto che spesso le defezioni sono avvenute prima di sparare un solo colpo.
Oltre ad al-Nusra, hanno beneficiato direttamente o indirettamente degli aiuti di Washington anche i gruppi di Ahrar al-Sham, vicinissimo ad al-Nusra e quindi ad al-Qaida, e al Fronte Islamico, la più numerosa formazione di opposizione siriana al governo laico e secolare di Assad, che conta alcune decine di migliaia di miliziani, la cui patente di “moderatismo” può essere verificata in base al suo programma di costituzione di uno “Stato islamico” in Siria, nei suoi ripetuti appelli di benvenuto ai combattenti stranieri di Al-Qaida come “fratelli che vengono ad aiutarci” e nelle frequenti dichiarazioni del suo leader Zahran Alloush di vicinanza alla stessa al-Nusra, la cui cooperazione avrebbe dovuto portare allo sterminio completo delle comunità sciite ed alawaite (cui appartiene lo stesso Bashar al-Assad) nel levante.
Se questi sono i “moderati”, allora chi sa cosa si intende per “estremisti”.
In oltre un anno di presunti bombardamenti sulle posizioni dell’Isis da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti, non è stato raggiunto alcun risultato tangibile che non fosse l’avanzata dei tagliagole nel territorio siriano (e iracheno) e l’assedio alle postazioni dell’esercito regolare siriano, il che la dice lunga sulle reali intenzioni americane.
C’è però un aspetto ancora più impressionante, ridicolo e perfino masochista in tutto questo. Come scrive Nafeez Ahmed, noto giornalista internazionale esperto di medio oriente: “Perché la coalizione a guida Usa si è rifiutata di bombardare i pozzi petroliferi in mano allo Stato Islamico e i relativi convogli di camion carichi di petrolio?”. Citando un recente studio guidato da George Kiourktsoglou, accademico all’università di Greenwich in Inghilterra e già top manager di strategie nel gigante petrolifero Royal Dutch Shell, si è scoperto che i raid aerei americani, turchi e delle petromonarchie del Golfo sulle infrastrutture petrolifere dell’Isis non hanno ottenuto nulla: “I pozzi di estrazione nell’area dei bombardamenti devono ancora essere colpiti…un fatto che può essere attribuito alla politica talvolta ‘tossica’ [di queste forze] nel Medio Oriente”, così come “i raid aerei non hanno mai centrato i trasporti di petrolio via camion… che sono proseguiti in modo efficiente e la maggior parte delle volte nella piena luce del giorno”.
Altro che complottismo, in realtà nessuno nella coalizione americana ha mai voluto combattere l’Isis che, dal canto suo, si stima abbia incassato almeno un milione di dollari al giorno per oltre un anno dal traffico illegale di petrolio, la cui destinazione sarebbe per altro interessante conoscere (Turchia? Anche qualche paese Europeo?).
Il masochismo Usa ma anche delle altre monarchie assolute del Golfo persico sta nel fatto che questo petrolio è stato venduto dall’Isis sottocosto, probabilmente anche di molto, acutizzando la crisi del prezzo del greggio che a sua volta sta colpendo sia gli Stati Uniti sia la stessa Arabia Saudita e pure il Qatar. Si direbbe che, comunque la si guardi, Obama si sia sparato sui piedi, tanto più che il fallimento di un’operazione impossibile e sgangherata ha portato dritto all’intervento russo, che soltanto negli ultimi due giorni ha portato alla distruzione di molte decine di postazione dei vari gruppi estremisti e alla morte di centinaia di miliziani.
Non possono infine non tornare in mente le parole pronunciate dal presidente russo Vladimir Putin all’assemblea generale dell’Onu, appena due giorni prima dell’inizio dell’intervento del Cremlino in Siria e diretto alla coalizione a guida americana. Di solito tradotte come “Comprendete ora cosa avete fatto?”, in realtà dal testo russo originale devono intendersi nel modo seguente e assai più sferzante: “Come potete perfino ora non capire che casino avete combinato?”: non proprio un modo per parlare a una superpotenza, piuttosto una frase che in Russia si usa per sgridare un bambino un po’ stupido e capriccioso.
Francesco Meneguzzo