Mosca, 19 mag – La Russia ha reso noto ieri, tramite il primo ministro Dmitri Medvedev, che metterà fine al transito sul suo territorio dei mezzi e materiali della NATO diretti in Afghanistan a supporto della missione ISAF.
“Il ministero degli Esteri è incaricato d’informare i governi degli stati esteri e le organizzazioni internazionali della fine del transito attraverso il territorio russo di armi e di materiale militare destinato alla Forza internazionale d’assistenza e sicurezza (ISAF) in Afghanistan – si legge sul sito ufficiale del governo di Mosca – in particolare del transito terrestre e del transito combinato ferroviario, stradale e aereo”.
La missione internazionale congiunta, che ha visto il termine ufficiale a dicembre 2014, ora sostituita dalla missione Resolute Support, è stata effettuata a partire dal 2001 sotto l’egida NATO ed autorizzata dalle Nazioni Unite impiegando circa 58mila militari provenienti da 40 nazioni, tra cui l’Italia. In questo momento la nuova missione, sempre a comando NATO, conta la presenza di 13mila militari stranieri tra i quali 700 italiani e 10mila statunitensi, il cui compito principale è fornire assistenza per la formazione dell’esercito e delle altre forze armate afghane con la differenza, rispetto ad ISAF, che i militari della coalizione non saranno più coinvolti in azioni di combattimento. Questo impegno avrà termine, salvo deroghe, alla fine del 2016.
Le vie di comunicazioni russe sono state utilizzate per il rimpatrio di mezzi e materiale dell’ISAF e l’accordo NATO- Russia per i transiti era attivo dal 2008.
Non sappiamo se questa decisione era prevista da tempo o è il frutto della crisi dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti, Unione Europea e Russia, crisi cominciata con il progetto americano dello scudo antimissile schierato nei paesi dell’europa dell’est (Polonia e Rep. Ceca) nel 2007 e che è andata peggiorando con la questione Ucraina.
La decisione sullo scudo antimissile è stata presa dagli Stati Uniti unilateralmente con i paesi dell’ex blocco sovietico senza consultarsi con gli altri membri della NATO che comunque aveva reso noto, per voce dell’allora Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer, che “il rischio di attacchi missilistici da parte iraniana o nord-coreana è reale, ma che (anche per questo) lo scudo americano potrebbe integrarsi al piano della NATO per un sistema di difesa antimissili di teatro (ALTMD) – un dispositivo che dovrebbe essere dislocato entro il 2010, del costo di 20 miliardi di dollari, sul quale è disponibile, sin dal 2006, un dettagliato studio di fattibilità”.
Questa decisione americana, che vista così potrebbe essere considerata quasi immotivata, in realtà è frutto dello schieramento in Russia di un nuovo modello di missile balistico (il Topol-M) su lanciatore mobile (cominciato a rilento nel 2001) in grado di eludere le difese ABM americane tramite particolari accorgimenti tecnici quali la capacità di effettuare manovre evasive in fase di rientro in atmosfera o essere caratterizzato dall’avere il tempo di accensione del motore notevolmente ridotto, in modo da rendere molto più complicata l’intercettazione nella fase di spinta, e quindi l’individuazione da parte di un satellite.
La presa di posizione del governo russo, quindi, assume un valore particolare stante la situazione che si è venuta a creare tra i due Paesi; certo siamo lontani dalle considerazioni che si potrebbero fare ripensando al blocco sovietico di Berlino del 1948/49 oppure alla crisi dei missili di Cuba, ma, data l’attuale situazione di seconda “Guerra Fredda” e soprattutto considerando gli eventi sul lungo periodo che hanno condotto a questo nuovo raffreddamento dei rapporti tra US/NATO e Russia, questa decisione diventa un altro tassello che va a peggiorare ulteriormente la situazione internazionale.
Paolo Mauri