Roma, 3 gen – Il nuovo governo israeliano appena insediato, entra subito a gamba tesa con quella che dai palestinesi è stata ampiamente giudicata “una grave provocazione sena precedenti”. I palestinesi hanno infatti condannato la visita, a uno dei luoghi sacri più contesi di Gerusalemme, del nuovo ministro della sicurezza israeliano. Il ministro in questione, Itamar Ben-Gvir, solo pochi giorni fa ha annunciato una linea più dura nei confronti del popolo palestinese. Il politico in forza al rieletto Benjamin Netanyahu, ha percorso l’antico sito del Monte del Tempio scortato dalla polizia. La visita di Ben-Gvir al Monte del Tempio è stata la sua prima uscita pubblica da quando il nuovo governo ha prestato giuramento, solo cinque giorni fa.
Il conteso Monte del Tempio, o Haram al-Sharif
Le rivendicazioni contrastanti sull’antico complesso religioso, da sempre dividono aspramente israeliani e palestinesi. Il sito di culto posto in cima alla collina è il luogo più sacro del giudaismo e il terzo più sacro dell’Islam. Dagli ebrei viene chiamato Monte del Tempio, sede di due templi biblici, mentre, per i musulmani, esso ha il nome di Haram al-Sharif, il luogo dell’ascesa al cielo del profeta Maometto. L’intero complesso, inoltre, è considerato dai musulmani la moschea di al-Aqsa. Negli anni, agli ebrei così come ad altri fedeli di altre confessioni religiose, è concesso recarsi nel complesso ma senza pregare. I palestinesi vedono infatti le visite ebraiche al tempio come tentativi di cambiare il già delicato equilibrio raggiunto negli anni.
Anche gli ebrei vogliono pregare nel tempio
Ben-Gvir, leader del partito Otzma Yehudit (Potere ebraico), nella recente campagna elettorale aveva affermato di voler modificare le leggi per consentire nel sito anche l’esercizio del culto ebraico. “Il Monte del Tempio è aperto a tutti”, ha twittato, accompagnato da una sua fotografia circondato da un cordone di sicurezza con la Cupola dorata sullo sfondo. Tuttavia, Netanyahu ha rassicurato gli alleati di Israele che non consentirà alcun cambiamento alle regole vigenti. Una clausola nei suoi accordi di coalizione, infatti, afferma che lo status quo “per quanto riguarda i luoghi santi” sarà lasciato intatto. Lo stesso Netanyahu aveva però autorizzato Ben-Gvir a far visita al contestato luogo di culto.
“Una provocazione senza precedenti”
Il ministero degli Esteri palestinese ha però descritto la passeggiata provocatoria delle istituzioni israeliane come “l’assalto alla moschea di al-Aqsa da parte del ministro estremista Ben-Gvir, in una provocazione senza precedenti e una possibile pericolosa escalation del conflitto”. Il primo ministro palestinese Muhammad Shtayyeh ha chiesto di “sventare i raid che mirano a trasformare la moschea di al-Aqsa in un tempio ebraico“. Il politico palestinese ha poi affermato che la visita di Ben-Gvir è stata “una violazione di tutte le norme, i valori, gli accordi e le leggi internazionali e gli impegni di Israele al presidente americano”.
Scontro Hamas – Ben-Gvir
Un portavoce del gruppo militante palestinese Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha definito la visita del ministro israeliano “un crimine” e ha promesso che “il sito rimarrà palestinese, arabo, islamico”. Nel suo tweet, Ben-Gvir, in risposta ha inviato un messaggio di sfida ad Hamas, dichiarando: “Nessun governo israeliano di cui faccio parte si inchinerà a un’organizzazione terroristica spregevole e omicida… e se Hamas pensa che “io sarò scoraggiato dalle sue minacce, deve accettare che i tempi sono cambiati e che a Gerusalemme c’è un governo”. Proprio in questo sito storico, nel maggio del 2021, così come nell’aprile scorso, vi fu un crescendo di tensioni e violenze tra israeliani e i palestinesi. Nella prima di quelle occasioni, i miliziani di Hamas e le truppe israeliane si lanciarono razzi a vicenda, innescando un conflitto durato 11 giorni. Ma se oggi la visita del ministro della sicurezza nazionale di Israele ha fatto infuriare i palestinesi, non diverso fu, anche, nel 2000, per la visita al sito di Ariel Sharon, allora leader dell’opposizione. La violenza che ne scaturì sfociò nella seconda intifada palestinese.
Il sottile confine della Spianata delle Moschee
Il Monte del Tempio/Haram al-Sharif è il luogo più delicato del conflitto israelo-palestinese. Situato a Gerusalemme est, fu catturato da Israele dalla Giordania nella guerra del Medio Oriente del 1967. In base a un delicato insieme di accordi, alla Giordania è stato permesso di continuare il suo ruolo storico di custode del sito, mentre Israele ha assunto il controllo della sicurezza e dell’accesso. Come ben si comprenderà, i due rispettivi ruoli, in un luogo così carico di tensione, lasciano però ben pochi spiragli di movimento alla fazione araba. Le visite ebraiche al “Monte del Tempio” è infatti aumentato negli ultimi anni e, secondo i palestinesi, ciò farebbe parte di un subdolo tentativo di impossessarsi del sito.
L’odio in nome di Dio
Una soluzione a questa infinita diatriba, che dalla Spianata delle Moschee si estende all’intero territorio israeliano-palestinese, potrebbe essere ricercata nella storia di Roma, duemila anni fa. All’epoca, il virtuoso genio romano edificò un tempio in grado di accogliere tutte le divinità adorate in ogni angolo delImpero. Era quel formidabile Pantheon oggi divenuto chiesa cattolica. Anche all’ora, però, molto prima della nascita del profeta Maometto, in terra di Palestina i fedeli delle religioni monoteistiche come cristiani ed ebrei, in questi luoghi già si fronteggiavano senza che Roma riuscisse realmente a mettere il punto nell’eterna diatriba.
Andrea Bonazza
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[…] era stato già vandalizzato in un altro attacco effettuato dai fondamentalisti ebraici. Il nuovo governo israeliano appena insediato, si trova quindi in tavola l’ennesima patata bollente che rischia di […]