Mosul , 10 lug – Il premier iracheno Haider al Abadi ha annunciato che Mosul, la capitale del Califfato in Iraq, è stata definitivamente liberata. Dopo tre anni di occupazione jihadista e nove mesi di assedio, anche nella zona ovest di Mosul è tornata a sventolare la bandiera irachena. Al Abadi ha dichiarato, congratulandosi con le truppe di Baghdad, che l’Isis è stato sconfitto.
Ma nonostante nella città vecchia la gente festeggi la liberazione, qualche jihadista ancora è rimasto e continua a sparare. Soprattutto nella zona nord di Mosul. Il compito dell’esercito iracheno, a questo punto, è quello di scovare le ultime cellule nascoste in città. Venerdì scorso un manipolo di 200 miliziani ha opposto l’ultima, strenua resistenza, e molti di loro pur di non cadere nelle mani dell’esercito iracheno si sono suicidati facendosi esplodere con cinture esplosive. Oggi le forze di Baghdad stanno passando a tappeto le poche case rimaste in piedi e i nascondigli sotto le macerie per stanare gli ultimi jihadisti rimasti.
Quel che rimane da capire, a questo punto, è cosa ne sarà di questa nuova Mosul. La città è ridotta a un cumulo di macerie, gli ospedali funzionanti sono pochissimi, mancano cibo, acqua, medicine. L’Onu stima che serva più di un milione di dollari per riparare le infrastrutture. La lunga battaglia, cominciata il 17 ottobre 2016 ha lasciato sul terreno migliaia di morti, soprattutto tra i civili, e almeno un milione di sfollati. Moltissimi vivono nei campi profughi, ma con il forte caldo dell’estate irachena la situazione sanitaria è sempre più difficile e le condizioni igieniche sempre più precarie.
Ma la liberazione di Mosul porta con sé anche molte altre incertezze e apre una fase di ulteriore instabilità per l’Iraq, un Paese che ancora non si è ripreso dalla caduta di Saddam Hussein ed è lacerato da scontri interni a livello settario, tra musulmani sciiti e sunniti e tra la componente araba e la componente curda. Si teme, inoltre, che molti foreign fighters in fuga da Mosul possano tornare a casa, rappresentando un ulteriore rischio per l’Europa.
Anna Pedri