Pyongyang, 17 apr – Partiamo subito dall’analisi della fotografia che in queste ore sta facendo il giro del mondo, quella del nuovo vettore lanciamissili su TEL ruotato che si è visto alla parata per il 105° anniversario della nascita di Kim Il Sung sabato scorso, che a tutti gli effetti è quello di un missile balistico intercontinentale (ICBM) tipo DF-41 cinese, evoluzione delle copie di Pechino dei missili strategici mobili derivati dal modello russo SS-25 “Sickle” o, secondo la denominazione russa, RT-2PM “Topol”.
Cominciamo subito col dire che riteniamo, a buon diritto, che il vettore di lancio visto a Pyongyang sabato scorso fosse vuoto, e quindi che la sfilata sia stata solo una forma di propaganda invece di una effettiva dimostrazione di forza: questo perché non risulta che la Corea del Nord in questi mesi (e anni) abbia mai testato un missile intercontinentale di questo tipo. Lo stesso lancio di prova effettuato nella giornata di sabato, fallito, non ha coinvolto nessun tipo di missile balistico a lungo raggio. Fonti uffiali sudcoreane e americane hanno stabilito che la Corea del Nord non ha ancora dimostrato la capacità di avere un ICBM “full range” dopo aver terminato il programma KN-08 per passare al KN-14, quello che dovrebbe essere il missile intercontinentale capace di raggiungere il territorio metropolitano degli Usa con un raggio operativo stimato compreso tra gli 8 e i 12mila km e che è ancora in fase di sviluppo con un veicolo di rientro simile a quello del missile No-dong-B. Il missile sembra infatti essere ancora qualche anno distante dal vedere la luce, le stesse fonti dicono che sarà possibile vederlo completato non prima del 2020. Il vettore visto alla parata del 2015, presentato dai nordcoreani come il nuovo KN-14, in realtà non sarebbe tale trattandosi di un missile “più corto” e quindi un IRBM posto su un TEL più lungo.
Il lancio di prova di sabato, fallito a pochi secondi dal decollo, è anche un segnale in tono minore al di là dell’insuccesso. Fonti di intelligence avevano riportato attività nel sito dei test nucleari di Pyongyang e la stessa Casa Bianca si era detta pronta ad un attacco preventivo in occasione di un possibile test che si sarebbe dovuto tenere proprio il giorno della festa nazionale; il fatto che Pyongyang abbia optato per una soluzione diversa ripiegando su un lancio missilistico può significare due cose: un ritardo tecnico nella preparazione del test atomico, evento non proprio improbabile, oppure la scelta politica di rimandarlo a quando le acque si saranno calmate, per intercessione di Pechino che in questi giorni sta predisponendo una serie di sanzioni economiche e commerciali verso il suo, a volte scomodo, alleato e vicino di casa, scenario che riteniamo il più verosimile. La Cina infatti, oltre all’embargo totale sul carbone nordcoreano, principale fonte di esportazione di Pyongyang, oggi interdirà tutti i voli da e per la Corea del Nord dopo essersi accordata col governo di Seoul, lunedì scorso, per inasprire le sanzioni economiche verso il suo alleato.
Il comportamento della Cina però, nonostante gli accordi commerciali recentemente intessuti con Washington al recente vertice tra Trump e Xi Jinping, resta molto ambiguo. La foto stessa del presunto ICBM mobile visto a Pyongyang sabato è lì a dimostrarlo: quel veicolo TEL a 8 assi, già visto nel 2015, è lo stesso del missile cinese DF-41, quindi Pechino sta fornendo alla Corea del Nord gli armamenti che abbisogna per diventare a tutti gli effetti una potenza nucleare; obiettivo che Pyongyang intende raggiungere nel breve periodo anche grazie alla stretta collaborazione con l’Iran che sta fornendo tecnologia per implementare la ricerca missilistica. Un gioco un po’ subdolo quello di Pechino, che da un lato eleva sanzioni ma che dall’altro aiuta militarmente il proprio vicino perché, come riteniamo, abbia tutto l’interesse a mantenere vivo il regime di Pyongyang per impedire una possibile, anche se remota, riunificazione della Corea e quindi avere gli americani ed i suoi alleati molto più vicini più di quanto già non lo siano. Tenere in vita la Corea del Nord risponde anche ad un’altra esigenza: avere uno strumento di pressione nell’area verso il Giappone ed altri paesi limitrofi alleati degli Usa per “ammorbidirli” nelle varie dispute territoriali, sia che riguardino le Senkaku sia le Spratly. Gli stessi Stati Uniti, del resto, riteniamo che abbiano tutto l’interesse, per il momento, a mantenere lo status quo a Pyongyang per giustificare la propria presenza militare nell’area senza essere palesemente schierati in funzione anticinese, sebbene il reale motivo del dispiegamento di forze tra il Mar del Giappone ed il Mar Cinese Meridionale sia, a tutti gli effetti, quello di controllare e contenere l’espansionismo cinese nell’area, fattosi sempre più aggressivo negli ultimi anni.
Paolo Mauri