Roma, 6 gen – Scorre il sangue nelle arterie della steppa. Il Kazakistan brucia, decine di manifestanti sono stati uccisi e un migliaio risultano feriti. Molte le vittime anche tra le forze dell’ordine: almeno 18 gli agenti che hanno perso la vita nei pesanti scontri.
Inferno Kazakistan: decine di morti, un poliziotto decapitato
Un poliziotto – forse due, secondo alcuni testimoni – sarebbe stato addirittura decapitato dalla folla. “E’ la prova della natura terrorista ed estremista delle organizzazioni criminali”, ha dichiarato il comando di polizia.
Intanto le autorità kazake hanno vietato l’ingresso nel Paese ai cittadini stranieri. La progressiva intensificazione della protesta, scoppiata domenica scorsa, sta letteralmente incendiando il Kazakistan. Prova ne sono le auto della polizia date alle fiamme dai manifestanti. Ad Almaty, principale città della nazione, uomini armati hanno circondato due strutture ospedaliere, bloccando di fatto l’accesso ai feriti.
La televisione di Stato della capitale, Nur-Sultan, sostiene che i rivoltosi stanno usando i civili pacifici come “scudi umani” e questo complica ulteriormente l’arduo compito delle forze dell’ordine che stanno cercando di ristabilire l’ordine.
L’agenzia russa Tass riferisce che di fronte al comune di Almaty si è verificata una “intensa sparatoria” tra militari e persone armate. “Le truppe sono arrivate in piazza e hanno iniziato a ripulirla dai rivoltosi”, scrive il cronista della Tass. Cinque sedi di emittenti televisive sono state inoltre prese d’assalto e saccheggiate.
Il governo kazako calmiera il prezzo del gas
Il ministero dell’Interno kazako parla di circa duemila persone arrestate soltanto ad Almaty. Mentre la banca centrale della nazione centrasiatica ha sospeso temporaneamente tutte le operazioni. Nel frattempo il governo kazako ha annunciato di aver imposto un “calmiere” per sei mesi sul prezzo del gas, il cui aumento ha scatenato la protesta. Le autorità locali definiscono questa misura “urgente” e atta a “stabilizzare la situazione socio-economica”, in una nazione in cui il Gpl molto utilizzato come carburante per i veicoli.
La Russia accusa “forze esterne” e invia militari
La Russia punta il dito contro “forze esterne”, ree di aver causato i disordini che stanno sconvolgendo il Kazakistan. Intanto Mosca – rispondendo all’appello del presidente Tokayev – ha inviato unità dell’esercito russo delle forze di pace appartenenti all’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto). A riferirlo è il ministero della Difesa russo, specificando che sono state inviate divisioni della 45ma brigata, oltre alle formazioni Ivanovo e Ulyanovsk delle forze speciali aviotrasportate. Le forze di pace Csto, oltre ai militari russi, comprendono forze armate di Bielorussia, Armenia, Kirghizistan e Tagikistan.
Le reazioni internazionali
La Cina auspica una “rapida stabilizzazione” della situazione in Kazakistan. “Speriamo che la situazione si stabilizzi e l’ordine sociale venga ripristinato”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin.
Ad evocare interferenze straniere è invece l’Iran. “Crediamo che il saggio governo e la nazione del Paese amico, fraterno e vicino possano risolvere i loro problemi e controversie in modo pacifico e attraverso il dialogo, senza interferenze straniere e in base ai propri interessi nazionali“. E’ quanto dichirato dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, citato dall’agenzia Tasnim. Teheran ha messo in guardia il Kazakistan dai tentativi da parte di forze straniere di approfittare dei disordini e quindi di intromettersi negli affari interni del Paese.
L’Unione Europea condanna le violenze e punta al dialogo tra le parti. “Continuiamo a seguire con attenzione gli eventi in Kazakistan, condanniamo la violenza ad Almaty e deploriamo la perdita di vite”, ha detto la portavoce della Commissione europea per la politica estera, Nabila Massrali. “La violenza deve cessare. Invitiamo alla de-escalation e a una risoluzione pacifica della situazione. L’Ue è pronta a sostenere un dialogo”.
Eugenio Palazzini
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