Londra, 16 lug – Ora siamo al “razzismo retroattivo” in Inghilterra, dove il proprietario di una società di lavavetri che, un mese fa, ha commentato con la parola “cunts” (“coglioni”, “stronzi”) una foto dei calciatori dell’Inghilterra sui social media ora sta subendo una gogna mediatica senza fine.
Inghilterra, ogni insulto è razzismo
Shaun Drewery, proprietario della North Ferriby Cleaning Services, ha scritto il commento dopo che un suo collega ha pubblicato su Facebook una foto della squadra di calcio inglese Under 17 insieme a un’immagine delle loro controparti senior vincitrici della Coppa del Mondo 1966. Il post è stato rapidamente screenshottato e condiviso su tutti i social, inclusa una pagina di fanatici Black Lives Matter. Drewery, tra l’altro, ha scritto questo commento settimane prima della sconfitta finale dell’Inghilterra contro l’Italia. E’ stato ritirato fuori “ad hoc” m quando Bukayo Saka, Marcus Rashford e Jadon Sancho i rigoristi neri che si sono mangiati i gol hanno subito molti insulti razzisti.
Umiliato anche sul lavoro
Drewery prima ha cercato di difendersi dicendo di non essere stato lui a scrivere, per poi prendersi la responsabiità. L’uomo afferma che l’insulto era solo uno “scherzo” un po’ pesante e ora lamenta di essere costretto ad affrontare migliaia di insulti. Addirittua, la pagina della sua azienda è stata bombardata da recensioni terribili perché una pagina Facebook dedicata ai lavoratori locali ha incoraggiato i suoi follower a insultarlo.
“Nessuno merita questi abusi”
Il signor Drewery ha dichiarato: “Ho scritto una parola irriverente, su un post che non era mio, che è stato enormemente portato fuori contesto. Il mio amico ha pubblicato questo post originale e io e il mio amico l’abbiamo commentato, quattro settimane fa”. L’uomo dice che ha dovuto installare telecamere a circuito chiuso a casa sua per proteggersi. Nonostante ciò, Drewery ha affermato di aver ricevuto un ammonimento verbale dalla polizia di Humberside: “Nessuno merita questo tipo di abuso per una parola irriverente”.
Ilaria Paoletti
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