Roma, 13 giu – Per comprendere quanto Silvio Berlusconi fosse adorato a Washington come a Mosca, prendiamo le odierne dichiarazioni di due leader con cui ebbe a che fare da primo ministro italiano. “Silvio Berlusconi era un leader vibrante con una personalità da eguagliare. Laura ed io abbiamo avuto la fortuna di trascorrere molto tempo con lui durante la mia presidenza. Con Silvio non c’era mai un momento di noia. Ha rafforzato l’amicizia tra Italia e Stati Uniti e gli siamo grati per il suo impegno nella nostra importante alleanza. Io e Laura porgiamo le nostre condoglianze alla famiglia Berlusconi e al popolo italiano”. Così l’ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. “Berlusconi sarà ricordato in Russia come costante e principale sostenitore del rafforzamento dei rapporti amichevoli fra i nostri Paesi. Per me Berlusconi era una persona cara, un vero amico, e sono sinceramente ammirato dalla sua saggezza e capacità di prendere decisioni”, così il presidente della Russia, Vladimir Putin.
Perché Berlusconi era adorato da Bush e Putin
Ora, si potrebbe facilmente pensare che in questi casi dichiarazioni di circostanza di tal fatta siano meramente ordinarie, scontate, del tutto prevedibili. Qui è diverso, perché Berlusconi riuscì davvero a farsi apprezzare contemporaneamente da Bush e da Putin. Considerato ferreo atlantista da un lato e migliore amico della Russia dall’altra. Non in fasi storiche diverse, si badi, proprio negli stessi anni. Riuscì finanche a ritagliarsi il ruolo di mediatore che metteva al tavolo, tra un battuta e l’altra, i rappresentanti delle due superpotenze che per decenni si erano guardate in cagnesco. Tempi particolari, è vero, in cui vigeva un tentativo di riavvicinamento dei blocchi contrapposti. Era caduta l’Unione sovietica, Putin tentava di condurre la Russia nella sfera occidentale per farla uscire dall’ingessante muro sovietico, gli americani si consideravano ormai padroni incontrastati del globo e avevano tutto l’interesse a far sì che la Russia rientrasse in gioco, contando di poter domare agilmente l’Orso. Storie di illusioni, pugnalate alle spalle, istinti mai domati.
Il piano non poteva reggere così come disegnato allora. Non è però adesso il momento di ricostruire la parabola di un fallimento inevitabile. Quel che resta è una percezione inossidabile. Pochi negli Stati Uniti possono sostenere davvero che Berlusconi non fosse filoamericano, nessuno al Cremlino dirà che Berlusconi non era amico della Russia. Perché se è vero che nell’ultimo anno l’ex premier italiano ha più volte manifestato apprezzamenti per l’amico Putin, malgrado la guerra in Ucraina, dall’altra ha ribadito il suo essere figlio dell’American dream, fedele alla linea d’Oltreoceano. Contraddizione lampante? Non proprio.
Berlusconi, tra i mille difetti e gli errori che possiamo imputargli, aveva il pregio di mantenere salde le amicizie. E dal canto suo riteneva sul serio di potersi ergere a mediatore globale. Il vertice di Pratica di Mare del 2002 sta lì a dimostrarlo. Capolavoro indiscutibile del cavaliere. Al tempo, a prescindere dalle motivazioni che portarono Berlusconi ad adottare certe scelte, all’Italia serviva esattamente quella linea per tornare protagonista in politica estera. Concetto difficile da cogliere per chi oggi si butterebbe tra le braccia dell’antieuropa, verso est come verso ovest, senza mai pensarsi indipendente. Berlusconi, a ben ricordare, soltanto una volta venne meno al suo essere fedele amico: con la Libia di Gheddafi. Una macchia non da poco, una piroetta senz’altro indotta, ma che paghiamo ancora. E che fece crollare d’un colpo l’oculata strategia proposta fino a quel momento.
Eugenio Palazzini
2 comments
Riposa in pace, Cavaliere.
[…] Da Putin a Bush, come Berlusconi seppe unire russi e americani. E come tutto (o quasi) finì in mare […]