Roma, 9 apr – I campi rom vanno smantellati. Lo dice Matteo Salvini. Ma lo dice anche Laura Boldrini che, attaccando il leader leghista per le sue recenti dichiarazioni, ha detto di ritenere comunque che “i campi rom non debbano essere mantenuti”.
Se proprio la preoccupazione per gli italiani che vivono in prossimità di simili strutture va considerata a priori come razzista, sono comunque gli stessi rom – i soli per cui pare sia lecito provare oggi empatia – a dover essere tutelati dai pericoli di baraccopoli malsane e insicure.
I campi rom vanno smantellati, quindi, siamo tutti d’accordo. Da Salvini alla Boldrini. E poi che si fa? Si lasciano le baracche a futura memoria? Nella visione della presidentessa della Camera, dopo che abbiamo “non mantenuto” i campi rom, come procediamo? Non si ridona forse quel terreno alla collettività, prevedendo l’abbattimento delle baracche e la destinazione del sito ad altri svariati usi? Il che, in termini molto letterali, significa una cosa sola: che arrivano le ruspe e radono al suolo le baracche.
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Lo scandalismo sulle dichiarazioni di Salvini appare dunque per quello che è: la solita polemica basata sul nulla, la solita bolla di sapone. E pazienza se su questa baggianata si è sentito in dovere di scomodarsi persino il Vaticano, che ha ben presente i diritti di “migranti” e stranieri, meno il suo dovere di non ingerenza nella politica italiana.
Radere al suolo i campi rom è una prassi banale, intrinsecamente collegata a ciò che tutti dicono di volere, ovvero lo smantellamento di queste strutture. La Boldrini ha dichiarato di trovare l’espressione “radere al suolo” inquietante. Se si impegnasse un decimo di quanto fa per mettere in sicurezza il linguaggio nel mettere in sicurezza anche la società oggi vivremmo in un mondo perfetto.
Ciò su cui tutti si dividono non è tanto cosa fare delle baracche, in realtà, ma cosa fare dei rom stessi. Per Salvini la soluzione è chiara: lo sgombero dei campi avviene con sei mesi di preavviso e in questo lasso di tempo gli abitanti dei campi hanno la possibilità di trovare una sistemazione come il resto della popolazione.
La Boldrini propone invece “soluzioni abitative alternative”. Prendiamo atto che il cattivissimo segretario leghista propone di eguagliare rom e italiani, la buonissima presidentessa della Camera no, lei prevede soluzioni abitative apposite per i rom. Un percorso a parte rispetto a quello che devono seguire i tanti italiani in emergenza abitativa, quindi. Chiamiamola una preferenza nazionale al contrario: “Prima gli stranieri”. (Si obietterà che molti rom hanno in realtà la cittadinanza italiana: beh, il minimo che si possa dire è che allora in questo caso l’integrazione non sembra aver funzionato).
Che poi esista in Italia, almeno nelle grandi città, un colossale problema di emergenza abitativa che coinvolge tutti e che va risolto è un altro discorso. Se non lo si può risolvere pensando che gli italiani vengano per primi, dato che pare non stia bene, è lecito almeno chiedere che non siano per regolamento gli ultimi?
Adriano Scianca
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