Roma, 18 mar – Anche l’anno 2014, come peraltro gli ultimi da tempo a questa parte, si chiuderà con l’Italia in pesante credito nei confronti dell’Unione Europea. A tracciare l’impietoso quadro è la Corte dei Conti, nella sua periodica relazione sui rapporti finanziaria che intercorrono con l’Ue.
“Nel prendere in esame i flussi finanziari tra l’Unione Europea e l’Italia nell’esercizio 2014, la Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali ha constatato un peggioramento della tradizionale posizione di contribuente netto del nostro Paese: il saldo negativo tra versamenti effettuati ed accrediti ricevuti è risultato, infatti, pari a 5,4 miliardi di euro“, spiegano i magistrati contabili. A nulla è servito il calo del finanziamento al bilancio (-7.5%), che “non ha evitato – continuano dalla Corte – il peggioramento della posizione di contribuente netto dell’Italia a causa di una notevole flessione degli accrediti ricevuti dall’Unione per la realizzazione di programmi europei (-15,1%)”.
L’Ue finanzia il suo bilancio con contributi da parte dei singoli stati nazionali. La parte più importante deriva da una quota fissa percentuale, lo 0.7% del Pil che ognuno dei membri deve versare. Segue poi una quota-parte (0.3%) dell’Iva di ciascun paese Ue, in ultimo i dazi doganali che sono di esclusiva competenza comunitaria. Dal lato delle spesse, cioé dei trasferimenti in senso inverso da Bruxelles agli stati, l’Unione gestisce i vari fondi di sviluppo, regionali, di coesione e altri. Fondi che non vengono erogati a pioggia né tenendo conto dei contributi di ciascuno, ma che si basano su progetti e implicato anche quote di cofinanziamento nazionale. E’ questa la vera croce dell’Italia: progetti spesso non ben delineati, che non partono e quando lo fanno si scontrano con tempi di completamento impastati nella burocrazia e in lungaggini di vario tipo, incapacità sostanziale addirittura di spendere le risorse a disposizione. Ecco perché spesso perdiamo molti dei fondi originariamente assegnati, facendo crollare la quota che giunge al nostro paese.
L’insipienza della burocrazia nazionale può però essere una giustificazione per accettare la perdita netta? Se il confronto è fatto sul lungo periodo la situazione assume toni ancor più foschi. Il saldo del 2013 era pari a -4.9 miliardi, che salgono a 5.4 nel 2012, 7.4 nel 2011 mentre il rosso del 2010 si attestò a “soli” 6.5 miliardi. Negli ultimi dieci anni abbiamo, a conti fatti, versato quasi 160 miliardi di euro ricevendone però poco più di 100. Un saldo negativo che supera i 50 miliardi: una quantità che basta, da sola, per ritenere la motivazione più che carente.
Filippo Burla
1 commento
Oggi la matematica è diventata pure un opinione !!!!! Per la massa di pecore che credono di avere dei cani pastori a protezione invece sono solo dei lupi , ma l ‘importante è far finta di non capire , come la massa del sud dimentica anche cosa sia stato Amlire e cosa fu realmente il piano marshal , oppure cosa sia davvero la farsa del debito pubblico per svendere tutto e togliere servizi
La massa ignorante pilotata delle notizie dei media e della scuola pubblica purtroppo ha creato gente che non sa pensare più con la sua testa e chi lo fa viene bollato dagli stessi media con i classici termini che non stò a dire
A buon intenditore poche parole