Home » Lo Stato si fa sentire: cresce la quota in Tim di Cassa Depositi e Prestiti

Lo Stato si fa sentire: cresce la quota in Tim di Cassa Depositi e Prestiti

by Salvatore Recupero
1 commento

Roma, 17 feb – Nel giorno di San Valentino, Tim ha ricevuto un inaspettato regalo. A Piazza Affari il titolo di Telecom ha segnato un balzo del 7,64%. La rinnovata fiducia degli investitori è frutto di comunicato stampa che vale più di mille scatole di cioccolatini. Giovedì scorso, il consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti ha infatti deliberato l’autorizzazione all’acquisto di ulteriori azioni della società: “Tale investimento – si legge in una nota – si pone in una logica di continuità con gli obiettivi strategici sottesi all’ingresso nel capitale di Tim deliberato dal Consiglio di Amministrazione lo scorso 5 aprile 2018”. A detta di quasi tutti gli analisti Cdp potrebbe raddoppiare la sua quota in Tim arrivando al 10%. Lo Stato, dunque, anche se indirettamente vuol tornare a far sentire la propria voce? Cerchiamo di capire meglio ciò che sta avvenendo.

All’interno di Telecom si sta consumando una guerra senza esclusione di colpi tra i francesi di Vivendi (soci di maggioranza) e gli americani del Fondo Elliott di Paul Singer. Il più grande operatore di telefonia italiano è conteso tra un colosso francese e un fondo a stelle strisce. Ancora non è chiaro il ruolo che svolgerà la Cassa depositi e prestiti in questa disputa. In molti credono che stia solo sbarrando la strada ai transalpini favorendo di fatto Singer. C’è, però, anche un’altra opzione in campo. Cdp, come si evince dal contenuto del piano industriale 2019-2023, vuole giocare un ruolo di primo piano nel potenziamento delle nostre infrastrutture.

Un settore strategico

Pertanto la decisione di aumentare la quota nel capitale azionario potrebbe essere letta come una mossa “coerente con la missione istituzionale di Cassa a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali” e che “vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”. Quest’operazione potrebbe aprire la strada un accordo tra Telecom e Open Fiber, la società partecipata da Enel e da Cdp, che sta costruendo una sua rete a fibra ottica.

Leggi anche – Telecom terra di conquista per gli stranieri: così ha perso il 50% negli ultimi mesi

Al momento, l’unica certezza è che nessuno può dire come andrà a finire. Tuttavia, ciò che stupisce è l’accanimento con cui alcuni media mainstream hanno bocciato l’iniziativa. Si parla di un ritorno dello “Stato padrone”. Una lettura che non tiene conto del fatto che quello delle telecomunicazioni è un settore strategico per la tutela dell’interesse nazionale. Basti pensare a quanto avviene a Parigi o a Berlino. Orange (ex France Télécom) è la maggior impresa di telecomunicazioni in Francia e la quota di controllo è in mano pubblica (23,16% delle azioni). Lo stesso discorso vale per Deutsche Telekom, in cui lo stato detiene la quota di maggioranza relativa (14,87%) che va a sommarsi con il 16 % delle azioni in mano a Kfw (omologa tedesca della nostra Cdp). Alla luce di quanto abbiamo detto non si capisce perché gli italiani devono continuare ad autocastrarsi lasciando in balia del mercato i propri gioielli di famiglia.

Salvatore Recupero

You may also like

1 commento

Sirti taglia il personale: a rischio più di ottocento lavoratori 31 Gennaio 2020 - 3:11

[…] solo una questione di equità sociale. Nel momento in cui il governo si prepara ad investire per la creazione della banda ultra-larga, non possiamo fare a meno delle competenze di un’eccellenza nazionale nel campo delle […]

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati