Milano, 20 mar – Telecom Italia. O meglio: Telecom e basta. Non da oggi e non da ieri, ma almeno da quando- con la scellerata privatizzazione degli anni ’90 – fu costituita la prima publiccompany italiana, caricata poi di debiti e diventata terreno di conquista. Prima i “capitani coraggiosi” (mai definizione fu meno azzeccata), poi gli spagnoli e adesso i francesi. I transalpini di Vivendi sono al 25% e fanno ormai il bello e cattivo tempo, non si sa quanto in combutta con il finanziere Xavier Niel che supera il 15% delle azioni.
Fatto sta che il gruppo controllato da Vincent Bolloré ha appena nominato quattro membri del Cda. E ottenuto, dopo mesi di scontro latente, la testa dell’amministratore delegato Marco Patuano. Pesano le diversità di vedute fra quest’ultimo e il nuovo socio di riferimento, che non vuole essere “semplice” investitore ma vero e proprio dominus dell’ex monopolista nazionale. L’idea di Bolloré è trasformare Telecom in una “media company”, più focalizzata sui contenuti. Da qui anche i contatti con Berlusconi e le voci insistenti di possibili accordi (o addirittura fusioni) con Mediaset. Patuano, da parte sua, una vita in Telecom occupandosi sempre – dalla nascita di Tim al Brasile – dell’infrastruttura e del “nocciolo” delle telecomunicazioni, risultava in qualche modo incompatibile con i nuovi progetti di Parigi.
L’uscita dell’ad è indolore, concordata con Vivendi e frutterà a Patuano una buonuscita da 7 milioni di euro. Insieme a lui dovrebbero lasciare, come in un vero e proprio spoil system, almeno anche altri due alti dirigenti: si fanno i nomi di Paolo Vatellini (capo della strategica Business Support Officer) e Mario Di Loreto. Per il futuro si fa il nome di Flavio Cattaneo, attualmente alla guida di Ntv doveè riuscito a riportare a galla il treno Italo. L’ipotesi dell’ex dirigente pubblico sarebbe nome gradito a Berlusconi, che già conosce. E forse rimarrebbe l’ultima cosa italiana rimasta in una Telecom sempre più ombra di sé stessa.
Filippo Burla