Roma, 16 mag – La Isagro finirà nelle mani degli americani. La statunitense Gowan acquisirà le azioni della società italiana. L’operazione è in corso da tempo e si chiuderà in questi giorni. Nessun veto da parte di Palazzo Chigi. Per molti il nome dell’azienda italiana non dice nulla, non per questo il fatto è meno degno di nota.
Isagro: la storia di un’eccellenza italiana
La Isagro nacque nel 1993 dallo scorporo degli agrofarmaci di Montedison, ma poi, con acquisizioni e cessioni, assunse una fisionomia diversa. Siamo infatti di fronte ad una società che partendo dalla ricerca di nuove molecole di origine chimica oggi sviluppa prodotti per l’agricoltura a basso impatto ambientale. La sua crescita è stata rapidissima. L’Isagro nel 2003 è già quotata in Borsa. Dopo solo un anno a Piazza Affari approda al segmento Star, ossia i titoli con alti requisiti. Con soli quattro stabilimenti in Italia riesce a distribuire direttamente i suoi prodotti in Brasile, Colombia, Spagna e Stati Uniti. Il gruppo vende in oltre settanta Paesi, e a dicembre di quest’anno poteva contare su un fatturato di 110 milioni di euro. Niente male per un “settore di nicchia”. La preda era troppo appetibile per non essere fiutata da qualche altro gruppo internazionale.
Ed ecco dunque che arrivano gli americani. Per essere più precisi il gruppo Gowan, attivo in 80 Paesi e con un fatturato di 350 milioni di dollari. L’azienda è stata fondata nel 1963 da Jon Jessen, ancora oggi presidente del consiglio di amministrazione del gruppo. Il gruppo partendo da Yuma (Arizona) ha acquistato brevetti in mezzo mondo arrivando anche in Europa: in Spagna ed ovviamente in Italia. Poteva da noi accontentarsi di un ruolo da comprimaria? Ovviamente no.
Cosa prevede l’accordo
“Lo scorso 6 marzo infatti Giorgio Basile, da una parte, e Gowan Company dall’altra, hanno stipulato un accordo vincolante con il quale Basile e gli altri azionisti hanno concordato di vendere tutte le quote da loro detenute — pari al 99,9% del capitale sociale — alla Piemme Srl (società che controlla indirettamente Isagro)”. Questo è quanto si può leggere nel comunicato stampa che gli americani hanno rilasciato il 12 maggio specificando che la chiusura dell’operazione sarebbe avvenuta il 14 maggio.
Il gruppo di Yuma ha designato Crop Demetra Limited (una società costituita ai sensi del diritto del Regno Unito, il cui capitale sociale è interamente detenuto da Gowan) come acquirente delle quote di maggioranza dell’azienda milanese. A questo punto inizia il gioco dell’Opa. Demetra acquisisce il controllo di Piemme per poi lanciare un’offerta pubblica d’acquisto obbligatoria che servirà a rastrellare le rimanenti azioni ordinarie di Isagro. E così, come per magia, scompare dal listino l’unica italiana di agrofarmaci. Non è la sola, e non sarà l’ultima. Il presidente del Consiglio, esercitando la golden power poteva fermare l’acquisizione. Il nostro premier aveva tempo fino al 29 aprile, ma ha preferito glissare. Ed è per questo che gli americani hanno atteso fino al 12 maggio prima di sbottonarsi.
Il nulla osta di Mister Draghi
Quest’ultima affermazione non è un’indiscrezione, ma è ciò che si può leggere nel secondo paragrafo del citato comunicato stampa: “In data 29 aprile 2021, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha informato le parti che, in relazione all’operazione, non verranno esercitati i poteri speciali ai sensi della normativa cd. golden power”. Quest’ultimo, infatti, è uno strumento finalizzato a salvaguardare gli assetti delle imprese operanti in ambiti ritenuti strategici e di interesse nazionale (ad esempio difesa, sicurezza nazionale, energia, trasporti e comunicazioni). Questo è quanto indicato dalla legge n.56 del 2012 che lo ha istituito. Insomma, è una pia illusione salvaguardare l’italianità delle nostre imprese grazie ad interventi di questo tipo.
È vero Draghi può porre il veto su alcune cessioni, ma lo farà solo se l’intervento è finalizzato a rafforzare il nostro legame con l’altra sponda dell’Atlantico. Un esempio su tutti: lo stop alla vendita della società milanese Lpe ai cinesi. In questo caso si trattava di azienda di semiconduttori. A Draghi, dunque, sta più a cuore il legame con la Casa Bianca che la difesa del libero mercato. La vicenda Isagro lo conferma. E poi come possiamo chiedere a Mister Britannia di ostacolare le acquisizioni straniere? Tutto è andato secondo copione. La trama non cambia se i registi sono gli stessi.
Salvatore Recupero