Roma, 27 mar – Insufficiente, costruito come un vestito a taglia unica per tutti, costosissimo. E adesso pure verso un clamoroso ritardo. Se il Recovery Fund era la “potenza di fuoco” di contiana memoria in salsa Ue, la fine che rischia di fare è la stessa. Da “botta di vita” lanciata su una morente unione a vero e proprio buco nell’acqua il passo è breve.
Karlsruhe sgancia il carico
A sganciare il carico ci ha pensato, ancora una volta, la Corte costituzionale tedesca. I giudici di Karlsruhe, già noti per la dura presa di posizione contro il Quantitative easing della Bce, hanno infatti temporaneamente sospeso l’iter di ratifica da parte della Germania della “Decisione sulle risorse proprie”. Parliamo della chiave di volta dell’architettura del Recovery Fund: con essa l’Ue ha sensibilmente incrementato gli stanziamenti in favore del bilancio comunitario (a spese nostre) al fine di dotarsi dei mezzi finanziari per poter contrarre – e successivamente rimborsare i – prestiti sul mercato da girare poi agli Stati membri.
La “Decisione” non vive però di vita propria. Sono gli stessi Stati membri a doverla ratificare perché il Recovery Fund possa ufficialmente partire. Ad oggi la ratifica è ferma a meno del 50% degli aderenti all’Ue. C’è chi ancora deve discuterla, chi la dà per scontata. E chi, come la Germania, pur avendo ottenuto il via libera da parte dei due rami del parlamento (Bundestag e Bundesrat) si trova ancora in mezzo al guado. Il motivo è presto detto: i porporati del Bundesverfassungsgericht hanno accolto un ricorso d’urgenza con il quale impongono al presidente federale Frank-Walter Steinmeier di non sottoscrivere la legge di ratifica. Non si tratta di un pronunciamento definitivo, ma intanto la legge viene “congelata” in attesa del giudizio di merito. Una sorta di “sospensiva”, per fare un parallelo con le procedure della nostra giustizia amministrativa.
Il Recovery Fund è una truffa. E adesso pure in ritardo
E congelato, di converso, rimane anche il Recovery Fund. Perché senza l’approvazione unanime (come fosse un accordo intergovernativo: se ne parla come di un “Quasi-Trattato”) il “Next Generation Eu” non potrà mai prendere forma.
Come detto, la decisione del BVerfG non è definitiva. Né, probabilmente, la sarà in futuro. Si pensi alle già menzionate sentenza sul Qe, che l’Eurotower ha disinnescato con il lancio del Pepp. Insomma, che l’impasse possa essere superato è l’ipotesi più probabile. Allo stesso tempo, però, getta un’ombra sulla possibilità che il Recovery Fund possa vedere la luce in tempi brevi. Difficile, a questo punto, che le risorse possano arrivare – come qualcuno sperava – già entro l’estate. Per poter iniziare a spendere (pagando per farlo) i nostri soldi, alle condizioni dettate da Bruxelles, dovremo ancora aspettare.
Filippo Burla