Roma, 15 feb – Il grande malato dell’eurozona ha un nome. Contrariamente alle aspettative non è però l’Italia: si tratta della Germania, che da “locomotiva” sembra ormai diventata la zavorra del vecchio continente.
Germania in stagnazione
Nel quarto e ultimo trimestre nel 2019, l’economia tedesca è entrata in stagnazione. La fine dell’anno si è infatti chiusa con crescita zero, bruciando quel poco di incremento registrato nel terzo trimestre dopo il -0,2% del secondo. Risultato: nel 2019, la crescita del Pil si fermerà ad un modesto +0,6%.
Valori così bassi non si registravano dal biennio 2012/2013, che fu seguito da un periodo di aumento del Pil che arrivò anche a toccare e superare i due punti percentuali. Nel 2018 si assiste alle avvisaglie dell’inizio di questo “mini declino”, culminato l’anno scorso con una riduzione dei tassi di crescita (rispetto al 2018) che sfiora il 60%. Non andrà meglio quest’anno: stando alle previsione della Commissione Ue, la Germania sarà penultima in classifica con un +1,1%, peggio di lei solo l’Italia. Stime che, tuttavia, non tengono ancora conto degli effetti sui mercati internazionali legati al coronavirus.
Austerità e mercantilismo: il male tedesco
Proprio al contesto globale occorre guardare per comprendere le ragioni del male tedesco. Berlino ha da tempo imboccato la strada della ricerca, a tratti ossessiva, della domanda estera come traino per il proprio sviluppo. Una scelta che comporta la necessità di dover comprimere quella interna al fine di rendere i propri prodotti più competitivi. Tradotto: la Germania è stata, non senza coerenza, la prima a sperimentare – lo ha fatto su sé stessa – le dinamiche dell’austerità, agendo ad esempio sui livelli salariali (portando così, fra le altre cose, la povertà al massimo storico post-riunificazione), per non parlare degli investimenti pubblici tenuti da tempo a livelli sensibilmente inferiori rispetto a quelli del resto dell’area euro.
Il risultato lo si vede adesso: sono bastati pochi mesi di tensioni su scala transnazionale – dai dazi doganali nella guerra commerciale Cina-Usa all’epidemia sorta a Wuhan – per far crollare un’impalcatura fragile che nemmeno l’euro ai minimi da tre anni a questa parte riesce a mantenere in piedi.
Filippo Burla
3 comments
Inevitabile…. La Germania è passata con l’ euro da un rapporto simbiotico ad un rapporto parassitario nei riguardi dei vicini europei, succhiando tutto, saccheggiando tutto, seccando tutto… Senza consentire alcun processo rigenerativo. Ora è sola con un pugno di mosche in mano.
Neppure minimamente confrontabile con il disastro italiano.
A questo punto mi chiedo a cosa sia servito l’azzeramento dei debiti (neanche calcolabili) di guerra e addirittura poi gli aiuti ricevuti col Marshall, anche se di molto inferiori a quelli ricevuti da GB e Francia.
E poi ancora: la scelta di eleggerli quali “traino” della nuova piattaforma UE … facendoli traslare senza alcun danno dal loro super Marco al nuovo super Euro.
Adesso che siamo giunti alla frutta, ci si dovrà guardare ben bene nelle palle degli occhi (?!) e qualcuno dovrà per forza avere l’onestà intellettuale di ammettere l’assurdità e la sconsiderata follia di aver voluto derubricare i Governi degli Stati Europei a semplici marionette incolori …