Roma, 28 apr – A poco più di un anno di distanza dalla scoperta della maxi-evasione da 300 milioni contestata a Google, che seguì di meno di un mese un’analoga accusa nei confronti di Apple per 318 milioni (pagati sull’unghia), è di nuovo un gigante dell’economia, il colosso del commercio elettronico Amazon, a finire nel mirino del fisco italiano.
I fatti, finiti sotto l’occhio della Guardia di Finanza – protagonista anche nel caso della frode fiscale del gruppo di Mountain View, mentre per quanto riguarda la società fondata da Steve Jobs l’inchiesta fu condotta dall’Agenzia delle Entrate – risalgono agli anni dal 2009 al 2014, quando Amazon aveva sede legale in Irlanda, dov’è rimasta fino al 2015. Lo schema è noto e (ab)usato, come già nei casi precedenti: vendite in Italia ma fatture a Dublino, dove il regime fiscale agevolato con aliquota per le imprese al 12,5% – salvo più vantaggiosi accordi stipulati direttamente con il governo – permette notevoli risparmi sulle imposte.
In totale, stando alle Fiamme Gialle, con questo meccanismo – che prende il nome di esterovestizione – Amazon avrebbe evaso tasse in Italia per 130 milioni. Una cifra più bassa rispetto ad Apple e Google, dovuta al solo fatto che la società di Jeff Bezos ha minori margini di guadagno sulle vendite.
Filippo Burla