Roma, 1 feb – Con la stima preliminare Istat sull’andamento del Pil nel quarto trimestre del 2018 l‘Italia è appena entrata in una fase di recessione tecnica. Notizia già annunciata a metà dello scorso mese dai dati sul crollo della produzione industriale, campanello d’allarme sulle difficoltà che ancora attanagliano l’Europa. Proprio il contesto comunitario è il principale indiziato per questa nuova recessione, che l’Italia non sperimentava dal 2013. Al di là del battibecco sui rimpalli di responsabilità tra vecchio e nuovo governo, il riacuirsi dell’ondata di crisi ha radici profonde. Che fanno rima con le politiche portate avanti in sede Ue.
Inseguimento forsennato della domanda estera e austerità interna. Questi i due pilastri su cui si fonda l’economia della Germania e che Berlino pedissequamente impone come ricetta ai membri dell’eurozona, dopo averla (coerentemente, va detto) applicata su se stessa. Raggiungendo da un lato importanti risultati a livello statistico – sull’export batte perfino la Cina – ma dall’altro esponendosi a fragilità potenzialmente esiziali. E’ bastato che il commercio globale divenisse leggermente più fiacco per far crollare tutta l’impalcatura. La quale, a sua volta, ha accentuato la caduta non potendosi appoggiare al sostegno della domanda interna, depressa ovunque dal “consolidamento fiscale” necessario per recuperare i margini di competitività necessari a piazzare i propri prodotti oltreconfine.
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La domanda mondiale rallenta un poco e l’Italia e l’Europa tornano in recessione. A confermarlo, non senza un poco di involontaria ironia, anche l’Istat: “Dal
lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta”. Non basta, insomma, che la domanda estera cresca: se lo fa, non in misura sufficiente a garantire la crescita, anche e soprattutto in virtù della depressione della domanda interna diventata il fantasma di sé stessa a seguito dell’austerità euroimposta. Un’austerità – rigore di bilancio, alta disoccupazione, surplus con l’estero diventati ormai una zavorra – che dà la cifra di come l’Ue giri ormai a vuoto: un meccanismo che non si sostiene più, attanagliato dalle sue stesse contraddizioni.
Filippo Burla
4 comments
Quindi?
Aspettiamo di adottare il CFA anche in Italia?
[…] Basta così un refolo di vento negativo sui mercati internazionali per far traballare paurosamente l…. La quale, non sorretta da una domanda interna che ha seguito la stessa malasorte del potere d’acquisto dei cittadini europei, rischia così di venire giù con un botto fragoroso. Ecco dunque spiegata la nuova mossa di Draghi, che non solo non ha ancora sancito la fine del Qe (che continua, sia pur senza l’emissione di nuova moneta come sotto forma di riacquisto dei titoli già detenuti dalla Bce e che vanno progressivamente in scadenza) ma prosegue in una politica de facto espansiva per mascherare le fragilità di un sistema ingolfato che continua imperterrito a girare a vuoto. […]
[…] Basta così un refolo di vento negativo sui mercati internazionali per far traballare paurosamen…. La quale, non sorretta da una domanda interna che ha seguito la stessa malasorte del potere d’acquisto dei cittadini europei, rischia così di venire giù con un botto fragoroso. Ecco dunque spiegata la nuova mossa di Draghi, che non solo non ha ancora sancito la fine del Qe (che continua, sia pur senza l’emissione di nuova moneta come sotto forma di riacquisto dei titoli già detenuti dalla Bce e che vanno progressivamente in scadenza) ma prosegue in una politica de facto espansiva per mascherare le fragilità di un sistema ingolfato che continua imperterrito a girare a vuoto. […]
[…] Basta così un refolo di vento negativo sui mercati internazionali per far traballare paurosamente l…. La quale, non sorretta da una domanda interna che ha seguito la stessa malasorte del potere d’acquisto dei cittadini europei, rischia così di venire giù con un botto fragoroso. Ecco dunque spiegata la nuova mossa di Draghi, che non solo non ha ancora sancito la fine del Qe (che continua, sia pur senza l’emissione di nuova moneta come sotto forma di riacquisto dei titoli già detenuti dalla Bce e che vanno progressivamente in scadenza) ma prosegue in una politica de facto espansiva per mascherare le fragilità di un sistema ingolfato che continua imperterrito a girare a vuoto. […]