Berlino, 30 ott – Dove non poté Volkswagen, ad assestare un altro colpo alla reputazione e all’orgoglio tedesco arriva Deutsche Bank.
Deutsche Bank: rosso record
Il primo dei problemi del colosso bancario tedesco è la tenuta dei conti. Nei primi nove mesi del 2015, infatti, Deutsche Bank ha perso quasi 5 miliardi di euro. Effetto di numerose svalutazioni e accantonamenti che, con un altro trimestre ancora da calcolare, potrebbero addirittura spostare l’asticella all’ingiù. Per il futuro prossimo, inoltre, Deutsche Bank ha già annunciato potenziali accantonamenti per 1.3 miliardi al fine di far fronte a multe che si prevede saranno irrogate per inchieste che la vedono coinvolta su manipolazioni di tassi di cambi e riciclaggio.
Deutsche Bank: 34mila licenziamenti
A seguito della voragine nei conti, il nuovo co-amminiostratore delegato John Cryan, noto per i suoi piani di ristrutturazione, ha varato una ristrutturazione “lacrime e sangue”. Seguendo le linee del piano, Deutsche Bank uscirà da 10 paesi – Argentina, Cile, Messico, Perù, Uruguay, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta e Nuova Zelanda – e contestualmente ridurrà il proprio perimetro cedendo Postbank.
Il piano prevede, di conseguenza, un numero monstre di licenziamenti. Si tratta di 9mila i dipendenti diretti dell’istituto, più 6mila consulenti esterni. Aggiungendo anche i 19mila di Postbank, per i quali non sono ancora state fornite garanzie occupazioni, il totale sale a 34mila esuberi. Solo un mese fa il tetto massimo era fissato a 22mila. Non è quindi escluso che possano addirittura salire ulteriormente.
Schiaffo alla Germania
Potenza industriale e finanziaria (grazie anche alla moneta unica, non va dimenticato): questi i pilastri del dominio tedesco. Che ha certamente sfruttato anche capacità proprie, ma senza il “ricatto” della propria superiorità morale e rigore nella gestione difficilmente avrebbe potuto imporre il proprio modello fatto di svalutazione interna ed austerità. Ora due dei capisaldi – di più: fra i principali punti di forza e di vanto – rischiano di finire, fra corruzione e malagestione ma anche truffa ed arroganza, se non gambe all’aria, comunque fortemente ridimensionati. Sic transit gloria mundi.
Filippo Burla