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La Russia chiude i rubinetti del gas: corsa contro il tempo per l’Europa

by Francesco Meneguzzo
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russian_bearMosca, 16 gen – La Russia bloccherà entro due anni le forniture di gas naturale all’Unione Europea lungo i gasdotti che passano attraverso l’Ucraina, dirigendole invece alla Turchia: questo l’annuncio shock che il presidente di Gazprom, Alexei Miller, ha dato al commissario Ue per l’energia Maros Sefcovic nel corso della sua visita a Mosca in questi giorni, facendo così seguito alla precedente decisione, presa a inizio dicembre, di rinunciare alla realizzazione del nuovo gasdotto South Stream che avrebbe dovuto aggirare l’Ucraina attraverso il Mar Nero e la Bulgaria.

Il presidente di Gazprom, il più grande gruppo energetico russo, ha quindi suggerito alla Ue di procedere “da oggi” alla realizzazione dell’infrastruttura necessaria alla connessione con il nuovo gasdotto russo-turco, che affiancherà l’esistente Blue Stream, presso il confine tra Grecia a Turchia, pena perdere definitivamente l’accesso alle forniture. “Il Turkish Stream e la sola via attraverso cui possono essere forniti 63 miliardi di metri cubi di gas russo [la stessa quantità a suo tempo prevista per il South Stream, NdT], che al momento transitano in Ucraina. Non ci sono altre opzioni”, ha dichiarato Miller, adducendo l’inaffidabilità dell’Ucraina come ragione di questa mossa a sorpresa e aggiungendo che in caso di inazione da parte europea “quei volumi di gas potrebbero finire su altri mercati”.

Dal canto suo, il commissario europeo Sefcovic che si trovava nella sua prima visita in Russia per incontrare Miller, il vice ministro russo Arkady Vladimirovich Dvorkovich e il ministro dell’energia Alexander Novak, si è detto “molto sorpreso” dalle dichiarazioni degli interlocutori russi: “credo che possiamo trovare una soluzione migliore”, ha detto. “Noi non lavoriamo così… il sistema e le abitudini commerciali … sono diversi”.

Mentre appare ormai tardivo e sterile ogni esercizio di attribuzione delle responsabilità all’origine di questa spinosa vicenda, il risultato è abbastanza chiaro: inesorabilmente, l’Unione Europea va perdendo il proprio ruolo di partner energetico privilegiato della Russia, che nel frattempo ha anche concluso due mega-accordi per la fornitura di gas alla Cina, futuro primo cliente energetico del gigante euro-asiatico al posto dell’Europa. Un Paese come l’Italia, che per decenni è stato uno dei partner commerciali più importanti di Mosca, che si trova oggi stretto nella morsa delle sanzioni e dell’emergenza-gas, potrebbe finalmente chiedersi quali reali vantaggi abbia portato l’appartenenza a questa Europa e, più ancora e per ulteriori ragioni, l’adozione della moneta unica.

Nonostante sia apparentemente almeno improbabile per la Russia riuscire a piazzare 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno alla sola Turchia, per altro paese in crescita e affamato di energia, non è troppo fantasioso pensare che Mosca punti anche ad attirare verso il nuovo canale di adduzione del gas singoli Paesi oggi fortemente dipendenti dalle forniture russe quali Bulgaria, Romania, Ungheria e la stessa Grecia, di fatto smembrando l’unitarietà d’azione dell’Unione Europea.

russian-gas-europeChe il problema innescato dalla nuova mossa dell’orso russo sia serio lo dimostrano le cifre, riprodotte anche nelle immagini a fianco: circa il 50% delle importazioni di gas della UE dalla Russia passano oggi dall’Ucraina; inoltre, la dipendenza dal gas russo – che per la UE nel suo insieme è pari a circa il 30% – nel sud Europa e nei Balcani varia tra il 100% della Bulgaria, l’86% della Romania, il 60% della Grecia, il 44% dell’Ungheria e il 28% dell’Italia, ma potenzialmente a rischio sarebbero anche l’Austria, dipendente per il 71%, la Slovenia con il 45% la Slovacchia e la Repubblica Ceca, ambedue con il 100%.

Per quanto riguarda l’Italia, le sue importazioni di gas, oltre il 28% di origine russa, avvengono per il 33% dall’Algeria, per il 13% dalla Libia (molto variabile in relazione all’instabilità del paese), e per quote minori da Olanda e Norvegia, che si sommano a una produzione nazionale già marginale rispetto al fabbisogno e in rapido declino. Il problema si presenta quindi potenzialmente grave anche per l’Italia, sebbene in misura minore rispetto ad altri paesi; paradossalmente, i rischi per il nostro paese potrebbero ridursi ulteriormente se continuerà l’attuale fase di declino economico e produttivo e quindi la compressione della domanda energetica; tuttavia, sarebbe come augurare a una persona in difficoltà economiche di morire per poter evitare di nutrirsi.

Francesco Meneguzzo

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