Parigi, 8 mar – La scomunica di un filosofo da parte del primo ministro in carica è cosa che in altri tempi avrebbe sollevato una levata di scudi al grido dell’ennesimo “Je suis…”. Non così per il premier francese Manuel Valls, che recentemente ha lanciato la sua fatwa sinceramente democratica nei confronti di Michel Onfray. A guastare i rapporti fra il popolare pensatore libertario e il governo socialista ci ha pensato un terzo incomodo d’eccezione: Alain de Benoist.
“Quando un filosofo conosciuto e apprezzato da molti francesi, Michel Onfray, spiega che Alain de Benoist, che era il filosofo della Nouvelle droite negli anni ’70 e ’80, che in una certa maniera ha fabbricato la matrice ideologica del Front national, con il Club de l’Horloge e il Grece, (…) alla fin fine vale più di Bernard-Henri Lévy, questo vuol dire che si sta perdendo la bussola”, ha detto Valls in un’intervista.
Questa idea di de Benoist come presunto “ideologo segreto” del partito lepenista è una vecchia fissazione dei ghostbuster antifascisti, anche se i rapporti tra lo scrittore e il Fn sono stati cordialmente pessimi per anni. Ma come è nata questa sparata di Valls?
Galeotta fu un’intervista rilasciata a Le Point alla fine di febbraio. Qui Onfray attaccava la sinistra francese con una violenza senza precedenti per chi, come lui, viene esattamente da quel mondo. In Francia, spiegava, “domina un terrore ideologico attivato da questa mafia che si reclama di sinistra”.
E alla domanda sul perché lui, filosofo anarchico, fosse apprezzato anche sulle colonne di Éléments, la rivista della Nouvelle droite, Onfray rispondeva: “Sono antiliberale, contro l’Euro e l’Europa, per i popoli, difendo un socialismo proudhoniano, mutualista e federalista, credo al genio del popolo finché i media di massa non l’abbrutiscono trasformandolo in massa animalesca che gioisce della schiavitù volontaria e scende in piazza come un sol uomo al primo fischio mediatico, non credo che il mercato debba fare le leggi, non faccio del denaro l’orizzonte insuperabile di ogni etica e di ogni politica, preferisco i girondini federalisti e provinciali ai giacobini centralisti e tagliatori di teste, e con tutto ciò io sono di sinistra – se Éléments è d’accordo con tutto ciò dovrei cessare di credere in ciò in cui credo?”.
E ancora, poco dopo: “Preferisco un’analisi giusta di Alain de Benoist a una ingiusta di Minc, Attali o BHL [Bernard-Henri Lévy]”.
Del resto già da tempo Onfray si è distinto per polemiche sempre più vivaci contro la gauche francese. Parlando al Corriere della Sera del libro di Houellebecq, per esempio, il filosofo ha detto che “è meno un romanzo sull’islam che un libro sulla collaborazione, la fiacchezza, il cinismo, l’opportunismo degli uomini”. Per Onfray, Sottomissione è “il migliore libro di Houellebecq, e di gran lunga. La sottomissione di cui diamo prova nei confronti di ciò che ci sottomette è attualmente sbalorditiva. È un altro sintomo del nichilismo nel quale ci troviamo”.
Libri di questo genere, del resto, funzionano proprio perché dicono ciò che non si può dire, portano all’evidenza ciò di cui il pensiero dominante nega l’esistenza: “Esiste una realtà – aggiunge ancora Onfray – che non è un fantasma e che coloro che ci governano nascondono: divieto di statistiche etniche sotto pena di farsi trattare da razzisti ancor prima di avere detto alcunché su queste cifre, divieto di rendere note le percentuali di musulmani in carcere sotto pena di farsi trattare da islamofobi al di fuori di qualsiasi interpretazione di queste famose cifre, eccetera”.
Come se non bastasse, Onfray ha attaccato anche la teoria del genere, definita un “nuovo puritanesimo”, che vuole “un essere umano nuovo, senza sesso”.
Ce n’era quindi già abbastanza affinché scattasse la proscrizione. Onfray, dice Valls, sta perdendo la bussola. Parola di uno che sta portando la Francia dritta dritta verso l’abisso.
Adriano Scianca
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