Roma, 26 nov – Finora le uniche “pietre” avvistate sono quelle cadute sulla testa di Paolo Berizzi. Il giornalista di Repubblica giusto ieri aveva annunciato in pompa magna la sua nuova rubrica che ci avrebbe dovuto raccontare “ogni giorno un episodio di razzismo, fascismo, nazismo, antisemitismo, bullismo politico, sessismo”. E invece oggi leggendo le poche righe a sua firma sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, le uniche due notizie sono che Berizzi non ha trovato uno straccio di episodio di fascismo, nazismo etc per inaugurare il suo spazio e che la rubrica stessa ha dovuto cambiare nome: da “Piovono Pietre” a semplicemente “Pietre”.
Tra plagi e lamentele, le notizie latitano
Questo perché ieri il giornalista Alessandro Robecchi gli aveva fatto notare come “Piovono pietre” fosse il nome di una sua rubrica sul Fatto Quotidiano da anni. L’accusa pubblica di non rispettare la deontologia professionale non è passata inosservata, visto che già ieri lo stesso Robecchi aveva annunciato: “Incidenti che capitano. Da Repubblica mi hanno fatto sapere che cambiano nome. Tranquilli tutti”. E così è stato. Berizzi ha dovuto cambiare nome e invece di raccontarci di qualche gravissimo episodio di fascismo/razzismo/bullismo si è messo a piangere: “Cadono subito pietre. Senza nemmeno aspettare la prima uscita di questa rubrica, la macchina dell’odio ha iniziato ad attaccare”, scrive rammaricato Berizzi su Repubblica. “È bastato annunciare, ieri, lo spazio che state leggendo, e gli hater della destra — molti “bandierini” tricolori, utenti in chiaro e sciami di troll — si sono scatenati in Rete”.
Berizzi smettila di fare il piangina
Mannaggietta. Perché invece di osannarlo e incoronarlo acriticamente duce della democrazia e dell’antifascismo, questi ineffabili “hater de destra” gli hanno fatto notare i migliaia di insulti quotidiani ricevuti da Salvini e Meloni di cui la sinistra si disinteressa? Perché sostenere che andare a caccia di foto del Duce per stabilimenti e panifici e poi gridare al ritorno del fascismo, potrebbe non essere considerato grande giornalismo? A tutte queste difficili domande Berizzi risponde con “la macchina dell’odio”, che subito si è scagliata contro di lui.
Questi zotici non comprendono la sua opera meritoria e la scambiano incredibilmente per una operazione faziosa basata su notizie artefatte o gonfiate. “Centinaia di messaggi social diretti a Repubblica e a me personalmente: “sei uno schifo”, “speriamo che i sassi ti arrivino in testa”, “inizia a mettere il casco”, “siete carta straccia”, “merde come i vostri amici musulmani”. C’è anche chi rivendica il “diritto di odiare”, con tanto di liste di proscrizione. Cominciamo bene”. Povero Berizzi. In attesa dei suoi fantastici scoop, in attesa delle “pietre”, per il momento piovono solo fazzoletti per asciugare le lacrime.
Davide Di Stefano
3 comments
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Ma per quale motivo chi manifesta contro chi ti è contrario assurge a Salvatore della patria, invece chi contesta te e chi difendi viene additato come “troll” “bandierina” e via discorrendo?
Non e questo il primo esempio di odio e fascismo?
Povera Italia
[…] sempre di più, perché l’odio e la paura vanno combattuti con la cultura». Normale che uno come Paolo Berizzi ne abbia fatto un monumento sulle colonne di Repubblica, definendolo «il writer che combatte il […]